La mediazione e l'alta conflittualità: come vincere una sfida importante


In alcuni Tribunali d'Italia è nata già da un po' la figura del coordinatore genitoriale


di Teresa Lesti
Categoria: RiMediamo
24/11/2017 alle ore 16:18

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In alcuni Tribunali d’Italia è nata già da un po’ la figura del coordinatore genitoriale. La premessa teorica, dai risvolti poi operativi, è che la mediazione familiare sia stata fallimentare nei casi di elevata conflittualità.

Cosa significa esattamente questo: che il percorso di mediazione è opportuno e funzionale solo in quei casi in cui le coppie “litigano poco o bene”? Mentre ogni qualvolta si rileva una conflittualità alta tra i genitori il magistrato preferisce ricorrere ad un terzo che si sostituisca loro nelle decisioni che riguardano il minore?

Il tema è sicuramente complesso e delicato, necessita di una trattazione equilibrata e graduale ma indubbiamente il presupposto per cui si ricorre al coordinatore genitoriale non può essere solo quello della alta conflittualità perché altrimenti si rischia di deresponsabilizzare i genitori ed assecondare una delega educativa e psicologica dannosa per i figli.

Il valore importante della mediazione è proprio quello della responsabilizzazione del genitore rispetto alla cura e alla gestione condivisa dei propri figli anche dopo la separazione.

In mediazione familiare i protagonisti delle scelte organizzative e educative restano i genitori e nessuno decide al loro posto, né il mediatore, né l’avvocato e tanto meno il magistrato. Questo per il figlio è fondamentale rispetto alla percezione della propria figura genitoriale e quindi per la sua crescita adeguata a livello emotivo e relazionale.

Purtroppo la litigiosità, intrinseca tralaltro nella nostra cultura, fa parte di una fase e di un passaggio spesso fisiologico connesso alla separazione e pertanto ritenere che nei casi di accesa conflittualità si debba ricorrere alla figura del coordinatore genitoriale, a mio umile avviso, rischia davvero di aprire un vortice di delega e di deresponsabilizzazione pericoloso per il minore.

In questo modo, infatti, il sistema giudiziario andrebbe a “giustificare” quasi il comportamento poco competente del genitore che non riesce a mettere al primo posto il figlio, lasciando prevalere, invece, sentimenti di astio e di rancore distruttivi verso l’altro e andrebbe a colmare un vuoto di competenza relazionale e decisionale con un terzo che si occupa del tutto. Questa scelta potrebbe infatti alimentare una dinamica di squalifica disfunzionale già in essere tra i genitori e dannosa per il figlio che invece necessita della loro collaborazione e non di qualcun altro che decida per loro, salvo ovviamente, in tutti quei casi in cui non sia strettamente necessario per il suo stesso interesse!

Sicuramente non è semplice per chi non è un mediatore familiare pensare di poter lavorare con una coppia molto litigiosa, ma la mediazione nasce proprio per questo, essendo uno strumento di intervento risolutorio rispetto alla gestione della conflittualità agita fino a quel momento con modalità distruttive.

Potremmo concludere con la riflessione che un tentativo di mediazione è doveroso nell’interesse del minore, fermo restando che sarà il mediatore familiare stesso a chiudere o a non intraprendere affatto il percorso, qualora non ne ravvisi i presupposti. Ragionando su un piano logico e di priorità di interventi da fare nell’interesse del minore e del suo diritto alla bigenitorialità, il primo passo potrebbe essere quello della mediazione familiare che poi farà nel caso da filtro per diversi invii ad altri professionisti del settore.

Quando si lavora in un contesto pubblico con una famiglia già conosciuta dai Servizi Sociali ed “istituzionalizzata” quindi, questo non può avvenire ma sarebbe opportuno ripensare, quando è possibile farlo, ad una rete professionale che dia fiducia e spazio ai genitori e quindi alla mediazione, prima che ad altri sistemi coercitivi o valutativi, che se non strettamente necessari, non sono di giovamento per il minore.

Chiaramente, diverso è il caso in cui vi sia il sospetto o addirittura una valutazione in merito ad una incapacità genitoriale grave accertata, situazioni nelle quali si attiva il Servizio Sociale competente o addirittura il Tribunale per i Minorenni.

Ma, nelle ipotesi residuali che poi rappresentano oggi la maggior parte delle situazioni di separazioni, dove ci troviamo in presenza e nel mezzo di una elevata conflittualità nelle quali i genitori sono competenti ma semplicemente molto litigiosi - non si può pensare di ricorre ad una figura terza che decida al posto loro. Piuttosto, bisogna lavorare in rete ed incentivare un sistema che favorisca l’invio di tutte queste coppie almeno per un primo colloquio dal mediatore che poi valuterà la mediabilità reale ed in concreto della coppia.

Il sistema giuridico e sociale dovrebbe andare, per garantire il diritto alla bigenitorialità del minore, che equivale ad una crescita sana da un punto di vista psicologico e relazionale, verso una direzione che aiuti i genitori a continuare loro ad occuparsi dei figli, nonostante il conflitto e proprio attraverso un percorso che insegni loro a gestire quella crisi e a trasformare le relazioni da distruttive in positive per loro stessi e per i figli coinvolti.

Se litigo….. per mio figlio decide un altro…….sarebbe preferibile lavorare e credere in un sistema in cui se litigo, vengo ammonito, sicuramente, ma poi mi faccio aiutare a gestire quel litigio che mi destabilizza con la finalità di una continuità relazionale con l’altro genitore per il benessere dei miei figli.

La relazione coniugale può finire, quella genitoriale mai ed il sistema deve pensare a creare strategie funzionali alla responsabilizzazione dei genitori in tale direzione e senso.

 

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