Gasdotto Foligno-Sulmona: perché i "no-tubo" gongolano per i timori della politica su Snam


Tutti i dettagli sul progetto Rete Adriatica che dovrebbe potenziare la rete del trasporto nazionale di metano. Ma in Abruzzo...


di Stefano Buda
Categoria: ABRUZZO
27/10/2017 alle ore 19:40

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Un serpente di metano lungo quasi 700 chilometri, con un diametro di un metro e 20, situato a 5 metri di profondità, che dalla provincia di Taranto risalirebbe lungo l'Appennino, per arrivare alle porte di Bologna. In Abruzzo, prima di riprendere il suo percorso verso Foligno, il serpentone farebbe tappa a Sulmona, ai piedi del Morrone, a pochi passi da una delle faglie più pericolose d'Europa. E sempre nel territorio della città ovidiana, verrebbe costruita una centrale di compressione e spinta.

E' quanto prevede il progetto Rete Adriatica, proposto nel 2004 dalla società Snam Rete Gas, con l'obiettivo di potenziare la rete del trasporto nazionale di metano. Contro questa prospettiva, nei vari territori interessati, si sono formati numerosi comitati cittadini, riuniti nel coordinamento interregionale "No Tubo". L'iter è ormai alle battute finali, con la Regione Abruzzo - schieratasi contro la realizzazione dell'opera - che dovrà giocare la partita decisiva al tavolo del Governo.

 

CHE COS'E'

Il progetto Rete Adriatica prevede la costruzione di un metanodotto di acciaio, diviso in 5 lotti funzionali: Massafra-Biccari (194 chilometri), Biccari-Campochiaro (70 chilometri), Sulmona-Foligno (167 chilometri), Foligno-Sestino (114 chilometri), Sestino-Minerbio (142 chilometri). Attorno al tracciato, verranno realizzate una servitù di 40 metri e strade per consentire l’accesso dei mezzi ai cantieri. I costi di investimento ammontano a circa 216 milioni di euro. Il gasdotto trasporterà metano dal sud al nord del Paese, con una capacità di 28 milioni di metri cubi al giorno e con una resa di 26,5 milioni euro all’anno. Si tratta di un progetto strettamente legato al Tap (Trans Adriatic Pipeline), la condotta che nel 2020 porterà in Italia il gas naturale del Mar Caspio, in Azerbaijan, dopo avere percorso 3.500 chilometri e attraversato sei Paesi.

Contestualmente, nell'ambito del progetto Rete Adriatica, è prevista la realizzazione della centrale di compressione e spinta di Sulmona, a poche centinaia di metri dal centro abitato: occuperà una superficie di 12 ettari e sarà costituita da 3 turbine, ognuna delle quali avrà una potenza termica di 30 megawatt. L'impianto brucerà gas, emettendo ossidi di azoto, monossido di carbonio e nanoparticelle, con una concentrazione complessiva di circa 64 microgrammi per metro cubo l'ora e con una rumorosità entro la soglia dei 60 decibel. (Qui i dettagli di un incontro romano del 2014)

 

ITER ALLE BATTUTE FINALI

Il Governo considera il gasdotto Rete Adriatica un'infrastruttura “strategica”, che nel 2013 è stata anche inserita nei Progetti di Interesse Comunitario dalla Commissione Europea. Il progetto è già in fase avanzata: il primo tratto, da Massafra a Biccari, è stato già completato e il secondo, da Biccari a Campochiaro, è in via di realizzazione. Anche il tratto conclusivo, da Sestino e Minerbio, ha ottenuto il via libera. Resta in bilico, in sostanza, soltanto la parte che va da Campochiaro a Sestino, passando per Sulmona e Foligno, ovvero le aree più sensibili dal punto di visto naturalistico e geologico.

Dopo Emilia Romagna e Toscana, anche la Regione Marche, che con la nuova giunta Ceriscioli ha ribaltato la linea dell'amministrazione precedente, ha fornito il proprio assenso al progetto. Sono rimaste soltanto Abruzzo e Umbria, dunque, a tenere ferma la barra del "no". In Abruzzo, già ai tempi della giunta Chiodi, il Consiglio regionale approvò due mozioni anti-gasdotto. In seguito vennero approvate due leggi, poi impugnate dal Governo e non difese dall'attuale amministrazione regionale. Più di recente la giunta D'Alfonso, sulla spinta del movimento d'opinione formato dai comitati e dai vari Comuni del comprensorio, in sede di conferenza Stato-Regioni ha negato l'intesa sul progetto della centrale Snam, la cui procedura Via nel frattempo era stata separata da quella relativa al gasdotto.

Tre giorni fa, invece, si sarebbe dovuto tenere l'incontro, presso la presidenza del Consiglio dei ministri, per riprendere la discussione sul gasdotto Rete Adriatica insieme a Regioni, Province, Comuni, Comunità montane, Consorzi di bonifica e Parchi nazionali. L'incontro però è saltato, per concomitanti impegni D'Alfonso e non è ancora stata fissata una nuova data. Se le distanze restassero invariate, comunque, si aprirebbe una trattativa tra Stato e Regioni, al termine della quale l'ultima parola spetterebbe al Governo. Da questo punto di vista i margini di manovra appaiono ristretti e le intenzioni dell'esecutivo piuttosto chiare. D'altronde non è passato inosservato come la riunione presso la presidenza del Consiglio, sul progetto Rete Adriatica, sia stata convocata soltanto qualche ora dopo le dichiarazioni del ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti, che ha annunciato, con grande enfasi, l'imminente avvio dei lavori di realizzazione del Tap.

 

IL FRONTE "NO TUBO"

In Abruzzo, Marche e Umbria sono sorte decine di comitati, ai quali si sono aggiunte le sigle ambientaliste che si oppongono al progetto Rete Adriatica. Migliaia di cittadini della Valle Peligna si sono riuniti nei Comitati cittadini per l’ambiente di Sulmona, che nel 2010 hanno dato vita ad una grande manifestazione che si è tenuta a Sulmona. Nello stesso anno si è costituito anche il coordinamento interregionale anti-gasdotto “No Tubo”, formato da comitati, associazioni e enti locali delle tre regioni più colpite dai recenti eventi sismici.

I "No Tubo" sono in stretto contatto con i "No Tap" pugliesi: due fronti separati, ma fortemente interconnessi. Il gas importato dall’estero, infatti, attraverso il Tap proveniente dall’Azerbaijan o da altri gasdotti internazionali, sarà rivenduto e inviato ad altri Paesi europei tramite la Rete Adriatica. Gli attivisti rilevano come in questo modo l'Italia si riduca ad un hub del gas, senza alcun beneficio per i cittadini che risiedono nelle aree di passaggio. Sia i "No Tubo" che i "No Tap" hanno rapporti anche con i "No Tav" della Val di Susa, nel tentativo di creare una rete unitaria delle varie vertenze territoriali.

Nello specifico, i "No Tubo" abruzzesi contestano il progetto Rete Adriatica innanzitutto perchè il tracciato attraversa aree interne ad elevatissimo rischio sismico, ma anche per il pesante impatto sull’ambiente naturale, sulle aree di interesse storico e archeologico e sulle attività economiche delle popolazioni. Senza contare i rischi derivanti da possibili incidenti o esplosioni, come quella avvenuta a Pineto, il 7 marzo 2014, a causa di una frana. Gli attivisti anti-gasdotto, infine, denunciano la mancanza di un'unica procedura di Via per l’intero progetto, in barba alle raccomandazioni delle istituzioni comunitarie per le grandi opere, e rilevano la poca trasparenza sui procedimenti autorizzativi e sulle scelte finora operate.

 

"NESSUNA VANTAGGIO PER I CITTADINI"

Augusto De Sanctis, del Forum H2o, è uno degli attivisti in prima linea contro il progetto Rete Adriatica. "Si tratta di un'opera inutile per il Paese, che si vedrebbe ridotto a servitù di passaggio verso il Nord-Europa - rimarca l'esponente dell'associazione -. I territori si accollerebbero i rischi, mentre gli unici profitti sarebbero realizzati dai costruttori e dalle multinazionali che vendono il gas all'estero". L'incubo terremoto, che continua a tormentare l'Abruzzo, è sempre in agguato: "E' una follia pensare di realizzare infrastrutture di questa portata, su quella che gli esperti attualmente considerano la faglia più pericolosa d'Europa".

Le criticità, per De Sanctis, non finiscono qui. "Oltre al grande impatto in fase di cantiere, con scavi che daranno vita ad un movimento di terra enorme, c'è soprattutto il problema legato alle emissioni - afferma l'esponente ambientalista -. Secondo gli scienziati, infatti, a parità di emissioni, il gas ha capacità clima-alteranti che sono 70 volte più impattanti rispetto all'anidride carbonica. E' noto che si verifica sempre una certa dispersione di metano dai gasdotti - rimarca De Sanctis - e basta dare un'occhiata ai dati sulla qualità dell'aria, ad esempio nella zona del pozzo di San Martino sulla Marrucina, per rendersi conto dell'incidenza dei rilasci di metano nell'aria".

Dunque, mentre gli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici puntano a limitare i rilasci di sostanze inquinanti e mentre è in corso una profonda riconversione delle politiche energetiche, che dal fossile si spostano verso le rinnovabili, "l'Italia, con progetti come il gasdotto Rete Adriatica, si muove in direzione diametralmente opposta".

Giovanna Margadonna, dei Comitati cittadini per l’ambiente di Sulmona, mette in guardia dal rischio "accumulo", legato alla realizzazione della centrale di compressione e spinta alle porte della città peligna. "L'azienda afferma che i quantitativi delle emissioni sono tutti entro i limiti di legge - evidenzia l'attivista - ma non è stata minimamente presa in considerazione la conformazione della Valle Peligna, che a causa della scarsa ventilazione e della scarsa piovosità, non consente la dispersione delle sostanze inquinanti. Lo abbiamo sperimentato proprio questa estate durante gli incendi - continua Margadonna - quando l'aria si è fatta irrespirabile e le concentrazioni degli inquinanti erano ben oltre i limiti". L'esponente dei Comitati cittadini, inoltre, ricorda che "l'impianto verrebbe realizzato alle porte del Parco nazionale della Majella, lungo un corridoio di pregio faunistico, ambientale e anche architettonico, trovandosi sulla vecchia strada dei tratturi".

 

POLITICI ABRUZZESI UNITI CONTRO IL GASDOTTO

Da destra a sinistra, da D'Alfonso ai cinque stelle, in Abruzzo sono tutti uniti contro il gasdotto Rete Adriatica. Più che mai di questi tempi, con le elezioni politiche e regionali sempre più vicine. Negli ultimi giorni, infatti, si moltiplicano le iniziative e le prese di posizione degli esponenti politici abruzzesi. D'Alfonso, nel chiedere il rinvio dell'incontro presso la presidenza del Consiglio, ha ribadito il proprio "no" al gasdotto, "in ragione della previsione progettuale del tracciato della condotta stessa, laddove esso si sviluppa in aree naturalistiche di pregio, ossia all’interno di più Parchi Nazionali, nonché a motivo di faglie sismiche attive che pure intercetta lungo l’intera dorsale appenninica”.

(Leggi qui l'opinione di Gianantonio Stella contro il gasdotto)

Sulla stessa lunghezza d'onda il vice presidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli, ma anche il democrat Pierpaolo Pietrucci, che ha usato toni duri nei confronti del Governo e del suo partito, affermando che "non possono continuare a fare finta di nulla e a nascondere la testa sotto la sabbia, ma dovranno scegliere se privilegiare le ragioni della convenienza economica e dei grandi operatori energetici oppure, al contrario, fare una scelta di pura e semplice prudenza, che apra la possibilità di una valutazione di un tracciato alternativo, lontano dai territori ad alto rischio sismico". Prese di posizione analoghe, già da tempo, sono state assunte dalla senatrice aquilana Stefania Pezzopane, dal nuovo ras della scena politica peligna Andrea Gerosolimo, dai sindaci di Sulmona, L'Aquila, Popoli, Corfinio, Pratola Peligna e Roccacasale.

Anche l'opposizione fa la sua parte, con il deputato di Sinistra Italiana, Gianni Melilla, che ha presentato un'interrogazione parlamentare, chiedendo al Governo di sospendere l’iter per la realizzazione del gasdotto. La senatrice aquilana del Movimento 5 Stelle, Enza Blundo, è intervenuta in aula per denunciare "l’ennesimo scempio ambientale che si attuerebbe ai danni dei cittadini abruzzesi qualora la società Snam Rete Gas realizzasse il metanodotto Sulmona-Foligno".

Forza Italia, con i consiglieri regionali Lorenzo Sospiri e Mauro Febbo, si è più volte dichiarata contraria alla realizzazione dell'infrastruttura e al contempo ha accusato il Pd abruzzese di "fare il doppio gioco", riferendosi alla delibera per la non costituzione in giudizio contro l'eccezione di incostituzionalità, avanzata dal Governo centrale all'articolo 1 della legge regionale 13 del 2015 finalizzata a contrastare la realizzazione del metanodotto Sulmona-Foligno. 

 

I COMITATI NON SI FIDANO

Ed è proprio il rischio "doppio gioco" a tenere in apprensione i comitati. I cittadini, ormai, sanno come va il mondo. Amministratori e uomini di governo, in molti casi, assumono pubblicamente una posizione, quando hanno già in tasca un'intesa che produrrà esiti diametralmente opposti a quelli che si è dichiarato di perseguire. Naturalmente non è detto che sia il caso di D'Alfonso e non è detto che sia il caso del gasdotto Sulmona-Foligno. Ma gli esponenti dei comitati non si fidano. "Non basta fare le cose a metà o assumere provvedimenti di facciata - avverte Giovanna Margadonna, dei Comitati cittadini di Sulmona -. L'incontro a Roma è stato rinviato a data da destinarsi e ora la Regione ha altro tempo per fare ciò che avrebbe già dovuto fare a partire dall'agosto del 2016, ovvero commissionare nuovi studi agli esperti, per compiere un'analisi alla luce degli ultimi terremoti che hanno colpito il territorio abruzzese".

Margadonna rileva che "si tratta di una questione di natura politica e la politica abruzzese sa come deve giocarsi questa partita. Occorrerà scegliere se stare dalla parte dei cittadini e del bene comune, come vorrebbe l'etica - prosegue l'attivista - o se giocare su altri piani, puntando su altri interessi e altre opportunità politiche". L'esponente dei Comitati cittadini avverte che, "in ogni caso, noi terremo il fiato sul collo di chi ci governa e le comunità locali compiranno le proprie valutazioni alla luce di quanto accadrà". Come a dire che, al momento del voto, gli abruzzesi sapranno giudicare e si regoleranno di conseguenza.

 

ABRUZZO SOTTO ATTACCO

Il gasdotto Sulmona-Foligno non è né il primo né l'unico fronte aperto, in una regione che appare perennemente sotto attacco sul piano dello sfruttamento energetico. Oltre al caso Rete Adriatica, c'è il progetto presentato da Cmi Energia Spa, per l'estrazione di gas nel Lago di Bomba. Il comitato Via della Regione Abruzzo ha più volte respinto l'istanza di concessione, per gravi rischi legati al fenomeno della subsidenza, ma il ministero dell'Ambiente recentemente ha concesso ai petrolieri - secondo gli ambientalisti fuori dai termini e dalle procedure consentite dalla legge - la possibilità di integrare il progetto sulla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, in particolare con riferimento all'individuazione "delle eventuali faglie attive, adiacenti o prossime, al giacimento".

Nel frattempo Cupello, con i suoi otto giacimenti, è diventato il più importante sito di stoccaggio di gas di tutto il centro Italia e presto sarà dotato di ulteriori impianti per potenziare le estrazioni, mentre nelle acque antistanti il litorale abruzzese si contano ben sei concessioni per l'estrazione di gas e petrolio, a meno di 12 miglia dalla costa: la piattaforma “Fratello” al largo di Pineto, la piattaforma "Santo Stefano Mare” al largo di Casalbordino, la “Rospo Mare” al largo di Vasto e Termoli, la piattaforma “Eleonora” tra Pineto e Grottammare, la piattaforma “Squalo” al largo di Pineto e la "Pennina" al largo della costa tra Abruzzo e Marche.

Non va dimenticato, infine, che negli anni passati un ampio movimento di comitati e associazioni è riuscito a sventare il progetto dell'Eni, che puntava a realizzare il Centro Oli, ovvero un centro di prima raffinazione del petrolio, nelle campagne di Ortona. Una mobilitazione simile si è ripetuta più di recente, anche contro il progetto Ombrina Mare, che prevedeva l'installazione di una piattaforma galleggiante a sei chilometri dalla Costa dei Trabocchi. La piattaforma - sulla base del progetto poi affossato - avrebbe dovuto essere collegata ad una grande nave-raffineria, di 350 metri di lunghezza e 30 di larghezza, a bordo della quale si sarebbe dovuta svolgere l'attività di separazione dell'acqua dall'anidride solforosa.

 

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