La ferrovia Torino-Lione è un'infrastruttura in progettazione, una linea ferroviaria internazionale di 235 km adibita al trasporto di merci e persone fra Torino e Lione che dovrebbe affiancare con caratteristiche più avanzate la linea già esistente.
Il progetto sta incontrando numerose difficoltà per via di una serie di considerazioni tecniche, economiche sociali e ambientali che in Italia hanno prodotto forte opposizione sia al Governo (5 Stelle sono No Tav e Lega ProTav) sia da parte delle comunità locali e del movimento No Tav.
Cosa accadrebbe, dunque, se ci fosse una marcia indietro definitiva sul progetto Tav? Quali le conseguenze? Impaginato.it ne ha parlato con il presidente regionale dei Giovani di Confindustria, Giammaria De Paulis.
Sul piano internazionale quali le conseguenze di una marcia indietro sul Tav?
Il TAV è figlio di accordi internazionali che vanno oltre il solo diretto rapporto tra Italia e Francia, ma coinvolge l’intera Europa e i relativi mercati economici. Infatti il TAV si inserisce all’interno di un progetto più ampio di collegamenti transnazionali concepiti con l’intento di unificare l’intera Europa, parliamo di “Corridoio Mediterraneo”.
Quindi un dietrofront sul TAV solleverebbe in prima battuta un isolamento dell’Italia nei confronti degli altri Paesi Europei e conseguenze internazionali nettamente più complesse rispetto a quelle che tutti noi possiamo immaginarci.
E sul piano occupazionale?
Uno degli elementi di grande importanza del TAV è il fatto di essere una componente fondante del corridoio ferroviario europeo, a questo punto, anche se alcuni studi sembrano dire il contrario, un perno fondamentale di una infrastruttura ferroviaria transnazionale dovrebbe essere per definizione un valido strumento che impatta positivamente sul piano occupazionale.
Confindustria Piemonte ha querelato Alessandro Di Battista che, a proposito del cantiere del Tav, aveva parlato di “tangenti” e “‘ndrangheta”. Che ne pensa?
Credo che quando si facciano tali accuse è obbligo dell’accusatore stesso denunciare tali situazioni, qualora fossero veritiere, prima ancora di renderle pubbliche, altrimenti si rischia solo di confondere le idee all’interlocutore. Al contrario azioni del genere, se non sostenute da prove concrete, devono essere giustamente condannate.
No Tav, no Triv, no Tap: a cosa porta la politica dei veti ideologici?
È importante pensare che per far crescere un territorio o una nazione occorre una vision, che oggi più che mai può essere misurata con studi e analisi approfondite al fine di ottenere il miglior risultato per il territorio, di qualsiasi dimensione esso sia. Di conseguenza credo che una politica del “no” se non supportata da analisi puntuali, concrete e soprattutto oggettive non porti a nulla.
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