Al via domenica 3 marzo le primarie per scegliere il nuovo segretario del Partito Democratico. Tre i candidati in lizza: Maurizio Martina, Nicola Zingaretti e Roberto Giachetti. Le votazioni si terranno dalle ore 8 alle 20, in tutta Italia, nei 7mila tra gazebo e seggi allestiti nei circoli del Pd.
Voteranno tutti i cittadini anche non registrati sulla piattaforma Pd purché si riconoscano nella proposta politica del suddetto partito e accettino di essere registrati nell’Albo pubblico degli elettori. I ragazzi tra i 16 e i 18 anni, invece, gli studenti, i lavoratori fuorisede, gli immigrati comunitari ed extracomunitari regolari possono votare solo se registrati sul sito.
Per votare, bisogna donare 2 euro. Vincerà il candidato che avrà ottenuto il 50% +1 dei componenti dell’assemblea nazionale, tramite metodo delle liste collegare. Il segretario verrà poi proclamato ufficialmente nel corso della prima riunione dell’Assemblea Nazionale, convocata entro 15 giorni dal termine delle primarie.
Come si schiera, dunque, la sinistra abruzzese? Il metodo Legnini potrebbe essere una prospettiva di cui tener conto anche su scala nazionale? Per saperne di più, Impaginato.it ha conversato con Michele Fina (Responsabile Università e Ricerca Pd), Americo Di Benedetto (consigliere comunale Il Passo Possibile) e Renzo Di Sabatino (segretario regionale Pd Abruzzo).
DI SABATINO
“Avendo la funzione di segretario reggente e per evitare strumentalizzazioni durante la campagna elettorale per le regionali ho deciso di evitare di schierarmi con un candidato piuttosto che un altro proprio per cercare di mantenere una posizione di imparzialità che mi permettesse di lavorare meglio in ottica regionali. Dopodiché io sto col Pd e spero tanto che vadano a votare in tantissimi”.
Lo schema Legnini (civismo più mondo lib-dem) è una prospettiva anche su scala nazionale? È difficile dirlo. Di certo c’è che il campo progressista (che si oppone al populismo, al sovranismo e anche a una destra, perché si tratta di un populismo e sovranismo di destra, incarnato dalla Lega e in buona parte, purtroppo, anche dal Movimento 5 Stelle) va ben oltre gli attuali confini del Partito Democratico, quindi è del tutto evidente che in occasione delle europee il Pd debba trovare una formula che metta dentro tutto quel vasto campo progressista di centrosinistra che in passato ci ha portato anche a governare l’Italia”.
DI BENEDETTO
“Non voto e non mi schiero con nessuno perché sono uscito dal Pd quindi sarebbe surreale che ad oggi partecipassi a votazioni per scegliere il segretario Pd. Lo schema Legnini è tutto da verificare perché credo che la prova di forza di Giovanni dipenda dalla sua autorevolezza, dalla sua caratura, dalle sue qualità umane e professionali. È stato una grande calamita nei confronti delle persone che poi hanno dato la disponibilità. È chiaro che le 8 liste che ha costruito con tutte le candidature hanno generato un importante sistema di condivisione che di fatto è andato oltre il centrosinistra perché ha applicato una sorta di canone inverso. È partito dalla condivisione di un percorso con le persone, ne ha acquisito la disponibilità e poi la sua proposta di governo è stata condivisa anche dal PD".
E aggiunge: "Si tratta di un impostazione diversa da quella in Sardegna dove il candidato era una persona organica al Pd. Secondo me lo schema Legnini a livello nazionale è più complicato perché creare un momento di condivisione su un percorso fuori dalle parti (intendo quello del mondo civico) diventa una strada non percorribile. Ci servirebbero altri partiti che mi auguro possano nascere e raccogliere quei consensi che si sono veicolati nei territori piccoli o nei territori delle competizioni regionali dalle persone.
Che comunque Legnini abbia segnato un passo importante su un nuovo metodo di lavoro assolutamente sì, perché poi il vero rinnovamento sta nel metodo e lui di metodo ne ha tanto. Quindi capire se c’è la possibilità di cambiar metodo, per l’appunto e superare quello un po’ vetusto di strutture che ormai hanno un modo di comportamento che è la logica dell’appartenenza a partiti, strutture che casomai ancora non vivono la contemporaneità. Queste ovviamente sono impressioni, non certezze”.
FINA
“Sostengo convintamente Nicola Zingaretti. Lo stesso giorno in cui il centrosinistra subiva la più grave sconfitta della sua storia in un’elezione politica, proprio lo stesso 4 Marzo dello scorso anno, Nicola Zingaretti si confermava Presidente della Regione Lazio, battendo le destre e il Movimento 5 stelle. Con lui possiamo determinare quel cambiamento nel Pd che molti aspettano per riconoscerlo come l’alternativa a questo Governo. Un’alternativa che non resta inchiodata alla rivendicazione vittimistica del passato ma che guarda al futuro e alla sua gente: a chi è rimasto indietro perché gravato da crescenti diseguaglianze”.
“Il valore delle esperienze di Legnini in Abruzzo e di Zedda in Sardegna sta nella costruzione di alleanze ampie, in cui nessuno si senta autosufficiente. Questa strada va senza dubbio seguita anche a livello nazionale, perché le sensibilità che vivono con indignazione le politiche di odio promosse dal leghismo, sono diverse tra loro e non si riconoscono in un unico partito ma possono certamente riconoscersi in una coalizione. Tutto questo, purché si abbiano idee chiare e radicali di cambiamento sociale. Altrimenti le coalizioni diventano inutili armate brancaleone”.
twitter@ImpaginatoTw