Come ogni 27 gennaio lui ripensa alla “Shoa”. Come ogni 27 gennaio da 51 anni o poco meno a questa parte il governatore della Regione Abruzzo Luciano D’Alfonso, nonostante le lauree i dottorati e i libri letti, continua a scrivere proprio così: “Shoa” invece di “Shoah”.
E ieri lo ha scritto sulla sua pagina Facebook, Shoa, nonostante gli uffici stampa i comunicatori i consulenti e i cerimonieri pagati dalla Regione Abruzzo e quindi dai cittadini. Lo ha scritto e non lo ha corretto, convinto che Shoa si scriva così, a dispetto di tutti i titoli e la fede e la memoria e la storia: gli scorrono davanti agli occhi, aggiunge, “i binari di Auschwitz, la scritta “Arbeit macht frei”, i volti emaciati dei prigionieri che spuntano dai pigiami a righe, i numeri tatuati sulla pelle. In una parola: l’orrore dell’Olocausto”.
A parte l’immagine retorica dei pigiami a righe, di cosa ci stupiamo. Il governatore prossimo senatore si è adeguato al livello della sua squadra.
Anzi, a tal proposito: avrebbe potuto chiedere consiglio alla candidata che sta in lista appena dopo di lui, e che diventerà senatrice se lui dovesse rinunciare, quella Cristiana Canosa candidata in quota Emiliano, resa famosa proprio dalla gaffe sull’Olocausto.
Cioè l’esperta di comunicazione (e fedelissima di Camillo D’Alessandro e del sindaco di Francavilla Antonio Luciani) che ai tempi in cui faceva l’addetta stampa dell’ex presidente della Provincia di Chieti Tommaso Coletti scrisse, per pubblicizzare un depliant promozionale dei Centri per l’impiego che “Il lavoro rende liberi”, utilizzando la frase (Arbeit macht frei) che campeggia con agghiacciante ironia in cima ai cancelli di Auschwitz.
“Non ricordo dove lessi questa frase – fece scrivere a Coletti – ma fu una di quelle citazioni che ti fulminano all’istante perché raccontano un’’immensa verità”.
ps: Uno scivolone che evidentemente ha pagato in termini di opportunità di carriera. Con una classe politica come questa, di che ci stupiamo.
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