La sfida televisiva Di Maio-Renzi non ci sarà. Il candidato premier del M5s, all'indomani del voto in Sicilia dove Nello Musumeci del centrodestra è in leggero vantaggio sul grillino Giancarlo Cancelleri, il vicepresidente della Camera fa sapere che non parteciperà al faccia a faccia con Renzi, fissato per domani sera su La7. "Il Pd è politicamente defunto. Il nostro competitor non è più Renzi", è la scusa ufficiale. Ma dal Pd il giudizio è unanime: "Di Maio scappa perché ha paura". "Avevo chiesto il confronto con Renzi qualche giorno fa, quando lui era il candidato premier di quella parte politica - sottolinea Di Maio - . Il terremoto del voto in Sicilia ha completamente cambiato questa prospettiva. Mi confronterò con la persona che sarà indicata come candidato premier da quel partito o quella coalizione. Il Pd è politicamente defunto. Il nostro competitor non è più Renzi. A breve ci sarà una direzione del Pd dove il suo ruolo sarà messo in discussione". Ma il Pd insorge. "Oggi Di Maio scappa. Mi spiace pensare che gli italiani rischino di essere guidati da un leader che è senza coraggio. Che ha paura di confrontarsi. Che inventa scuse ridicole - replica Renzi - . Se un leader che vuole governare l'Italia ha paura di uno studio televisivo, semplicemente non è un leader. Io ci sarò lo stesso e risponderò su tutto, dalla Sicilia alle tasse, dai vaccini alle banche, dall'economia alla politica estera. Se Di Maio ha un sussulto di dignità lo aspettiamo in studio. Altrimenti faremo con i giornalisti", fa sapere il segretario democratico, il quale ci tiene anche a precisare che "il leader del Pd lo decidono le primarie e non le correnti o il software di un'azienda privata e Di Maio". Il vicepresidente della Camera insiste: "da candidato premier del M5S mi confronterò con i candidati premier dei partiti. E dopo il voto di oggi il Pd non ha più un leader". Intanto, mentre il centrodestra esulta per il risultato di Musumeci e per la ritrovata unità, nel centrosinistra volano stracci tra il Pd e Mdp e Sinistra italiana.E, questa volta, al centro delle polemiche finisce il presidente del Senato Pietro Grasso. Il sottosegretario Davide Faraone lancia il sasso accusando l'ex esponente del Pd di non aver avuto il coraggio di candidarsi in Sicilia, ma il diretto interessato chiude la questione con poche parole: sono accuse "patetiche", sostiene, ricordando di aver rifiutato la candidatura il 25 giugno scorso per motivi istituzionali.
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