A Chieti, succede una cosa strana: invece di parlare solo di parcheggi, buche e ZTL (che restano comunque l’equivalente urbano del prezzemolo: stanno bene su tutto), si è deciso di parlare di bellezza, non quella sfuggente di Instagram, ma quella solida, che ha fondamenta vere, soffitti a volta e pareti con affreschi che resistono più del tuo ultimo amore estivo.
Il centro storico della città, quel groviglio meraviglioso di vicoli e salite capaci di farti guadagnare una coscia tonica più di una pedalata in palestra, è finalmente oggetto di un restyling serio. Con tanto di piani urbanistici, fondi europei, e – udite udite – la parola "multifunzionale" usata con senso e non solo per i comodini Ikea.
Da rudere a risorsa: cronaca di una rinascita
Il cuore dell’operazione è chiaro: dare una seconda vita a quegli edifici storici che da anni osservavano la città con lo sguardo un po’ malinconico di chi si sente dimenticato, e invece, grazie al PNRR e a NextGenerationEU (nomi che suonano un po’ come titoli di album elettronici, ma che portano milioni veri), oggi Chieti si riprende il centro.
Palazzi dimenticati diventano centri culturali, ex magazzini si riscoprono laboratori artistici e spazi per eventi, mentre le vecchie piazze risorgono come luoghi di ritrovo sociale.
Roba che persino il barista sotto casa ha cominciato a chiamare il suo caffè “temporary concept place” (anche se poi ti serve lo stesso cornetto dal '98).
Chieti come Berlino? Calma. Ma un po’ sì.
Aumentano i coworking, si ristrutturano spazi collettivi, come quella intorno alla Cattedrale ,certo non siamo a Kreuzberg e nessuno gira in monopattino d’epoca bevendo kombucha ai carciofi, ma qualcosa si muove.
I piani integrati non sono solo slide e conferenze stampa: ci sono davvero appalti, bandi per architetti, call per giovani designer, e persino qualche investitore privato che ha capito che il vero affare, oggi, è restaurare un ex convento per farne uno spazio per startup culturali. D’altronde, l’unica cosa che oggi funziona meglio del mattone è il mattone con l’anima vintage.
Tecnologia e Urbanistica: coppia improbabile, eppure funziona
Sì, perché il restauro non è solo calce e mattoni, ma anche GIS, sensori, piattaforme partecipative e tutto quel pacchetto che suona un po’ minaccioso ma che, in realtà, rende i processi più intelligenti e partecipativi, o se preferite, ti permette di sapere in
tempo reale se il palazzo di fianco ha una colonna dorica o una pericolosa propensione al crollo.
E poi c’è l’energia: pannelli solari, coibentazioni e persino la gestione sostenibile dell’acqua piovana. Sembra una barzelletta – “Entrano un architetto, un ingegnere e un botanico…” – ma è il nuovo approccio multidisciplinare, che finalmente riesce a mettere insieme estetica, tecnica e buonsenso.
Il ritorno dell’identità (con caffè e laboratori teatrali)
Ma il vero impatto?
Lo vedi la domenica mattina, quando le famiglie si godono una piazza riqualificata che non è più solo “quella dove parcheggia male zio Peppino”, ma un punto di incontro con mostre, mercatini e bambini che corrono (quasi sempre evitando i tavolini del bar).
La rigenerazione del centro di Chieti, a guardar bene, non è solo un’operazione immobiliare: è un gesto culturale, come decidere di non buttare via la vecchia credenza della nonna, ma restaurarla con cura, metterci dentro libri e bottiglie buone e farla diventare il centro del salotto.
Ora tocca a noi, perché, tra una ristrutturazione e l’altra, c’è bisogno di gente che questi spazi li viva e li scelga, e questo non è uno slogan, è la verità – ogni angolo di Chieti salvato è una dichiarazione d’amore alla città, e noi, in fondo, abbiamo ancora voglia di innamorarci.
Mettete le vostre vie preferite qui sotto nei commenti che passo a fotografarle!
Ci vediamo al mio click
il vostro #LiberalChic