Perché lo stop al volo Pescara-Linate è un colpo all'Abruzzo

Una bella grana il possibile stop al volo Pescara-Linate, che potenzialmente avrebbe un bacino di riempimento del 90%. La decisione della nuova società che dovrà amministrare la compagnia di bandiera italiana si abbatte su una regione già azzoppata da un sistema trasportistico in affanno, con le note vicende legate a treni spesso non all’altezza (come quelli sulla tratta per Roma per non parlare del Frecciabianca ormai obsoleto sulla rotta adriatica), che favoriscono l’uso dell’auto ma che impediscono all’intero Abruzzo di essere agevolmente raggiungibile anche da altri mezzi. Senza contare che il volo su Linate ha anche un’utilità per chi si sposta per lavoro in giornata.

Il coro di proteste che si è sollevato dalla politica regionale però non è sufficiente a far cambiare rotta: occorre (ma non da oggi) che l’intero sistema abruzzese parli con una sola voce. Il riferimento è ad una strategia che racchiuda tutti i players abruzzesi, partendo dalla Regione ma coinvolgendo in maniera permanente Confindustria e sindacati: nella consapevolezza che se l’interlocutore appare solido e con un messaggio denso di argomentazioni, allora è possibile avere una minima chanche di influenzare una decisione che, in parte, sembra già avviata e timbrata.

Il nodo che si stringe ogni mese di più è sempre lo stesso: nonostante la posizione geografica vantaggiosa, l’Abruzzo appare penalizzato da un punto di vista infrastrutturale. Il ragionamento tocca evidentemente vari ambiti specifici, come la portualità, la rete viaria e quindi anche l’aeroporto pescarese.

Immaginare una strategia che proceda per compartimenti stagni e non assembli tutti questi pezzi dello stesso puzzle sotto una regia comune, è una mossa perdente. Tanto da parte del singolo vettore, quando della governance politica.

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