M5s e Abruzzo: parte il processo alla Marcozzi (chieste le dimissioni)


Dopo la debacle alle urne tutti i nodi vengono al pettine, e si ricomincia dalle esclusioni delle candidature


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
16/02/2019 alle ore 10:14



Riunione di fuoco ieri sera a Pescara: è iniziato il processo nel Movimento 5 stelle e a finire alla sbarra è la candidata presidente Sara Marcozzi che si è piazzata terza alle elezioni regionali abruzzesi dopo una campagna elettorale piena zeppa di aspettative e di garanzie di vittoria. Alla fine il caso è scoppiato: ha covato a lungo sotto la cenere, rimbalzato sui social e amplificato nelle chat, prima sottintesi poi parole paragoni fino alla richiesta esplicita di dimissioni. 

Dopo la debacle alle urne tutti i nodi vengono al pettine, e si ricomincia dalle esclusioni delle candidature, alle Regionarie cancellate e poi rifatte da capo, al passo indietro di Domenico Pettinari che per favorire la Marcozzi ha rinunciato a correre e si è piazzato primo incassando diecimila preferenze. E insomma è partita la resa dei conti. Hanno chiesto le dimissioni della candidata presidente (che si ritrova in Consiglio regionale grazie al paracadute della candidatura nel collegio di Chieti, così come fece nel 2014), tantissimi attivisti ma anche consiglieri. Come Livio Sarchese, di Francavilla, tra i primi a chiedere la testa della bella Sara nella chat dei parlamentari e consiglieri:

“Il confronto passa dalle tue dimissioni”,

le ha scritto Sarchese, che già si era autosospeso qualche mese fa in seguito a polemiche.

Ma il gruppo parlamentare e i vertici del Movimento, riferisce l’AdnKronos, a partire da Luigi Di Maio e Davide Casaleggio, sono con lei:

“Ci ha messo l’anima, paga colpe non sue”,

dice il parlamentare abruzzese Daniele Del Grosso.

Chi la mette sul banco degli imputati sostiene che Marcozzi dovrebbe fare un passo indietro perché sono due volte che viene candidata governatrice – scrivono in chat interne – e ci fa perdere le elezioni.

È stata la stessa Marcozzi, riferiscono i beninformati, a chiedere una riunione per far chiarezza sui risultati elettorali. Una decisione presa anche per ricompattare il gruppo abruzzese. Ma alla fine niente, la frattura sembra proprio insanabile.

Gli attivisti abruzzesi sono quelli più incavolati. C’è infatti chi non manca di sottolineare il ‘gap’ tra le preferenze ottenute da Domenico Pettinari (che in tanti avrebbero voluto in corsa per la poltrona di governatore al posto di Marcozzi) in provincia di Pescara e quelle racimolate dalla candidata grillina in provincia di Chieti: un confronto che vede Pettinari a quota +3mila voti.

Delusione, scontento: tantissimi i militanti che hanno affidato a Facebook le proprie parole, da Pasquale Di crosta a Carlo Spatola Majo ad Alfredo Mantini. E’ la dirigenza a finire sotto attacco.

“Qualcuno dovrebbe chiedere scusa agli attivisti per aver bruciato in pochi mesi 10 anni di attività politica – commenta Pasquale Di Crosta– ma invece si fa finta di non vedere. Chi c’era non ha parlato quando epuravano, quando hanno abbandonato i gruppi locali, abolito le assemblee regionali, lasciato soli i consiglieri comunali?”.

“Se Pettinari avesse assunto in proprio la responsabilità di guidare la lista cinque stelle forte della vittoria delle Regionarie, ora non racconteremo una sconfitta così evidente-dice Attilio Falchi – questo errore sebbene grave non offusca il livello di gradimento di Pettinari che è stato nettamente il candidato più votato anche il 10 febbraio scorso. È giusto e necessario che il Movimento 5 Stelle Abruzzo compia un cambio di passo e di leadership senza il quale è destinato a una crisi inevitabile e definitiva”.

Ma tantissime altre sono state le voci che si sono levate dal territorio, dai dissidenti grillini di Cassiopea, fino a un gruppo che ha lanciato l’idea del progetto Restart. Un movimento che si pone l’obiettivo di individuare azioni concrete “che consentano ai gruppi locali di crescere pienamente integrati nell’ecosistema cinquestelle e di essere supportati nello sviluppo delle attività anche attraverso la diretta applicazione di un metodo partecipativo condiviso”. Restart ha organizzato una riunione il prossimo 22 febbraio a Città S. Angelo.

Ma Falchi si interroga ancora più a fondo:

“Dov’è finita la partecipazione e l’uno vale uno? Perché gli impegni non sono stati mantenuti? A livello regionale il Movimento 5 Stelle aveva iniziato una battaglia contro l’aggressività dell’agenzia di riscossione dei tributi eleggendo a simbolo della protesta Silvio Buttiglione, un ex imprenditore pescarese aggredito dei debiti che rischiava di perdere la prima casa. Ebbene, nonostante le promesse e l’impegno preso di organizzare una cordata per evitare la vendita a terzi in un’asta fallimentare, la casa è stata venduta a terzi per un controvalore pari a un terzo di quello commerciale e Silvio, lasciato solo, si è ammalato e vive grazie alla generosità di qualcuno. Che senso ha avuto organizzare gli sportelli anti Equitalia sul territorio se le battaglie annunciate non si combattono fino in fondo? Certe battaglie certi episodi fanno riflettere come l’uso del voto online per le Regionarie abruzzesi: annunciato, avviato, sospeso, annullato e iniziato da capo un mese dopo. Come le pretestuose esclusioni prima della presentazione della lista per l’inserimento di candidati meno critici con i vertici. Prima di ogni considerazione politica sul futuro del movimento sono necessarie però le dimissioni dalla carica di consigliere del candidato presidente Sara Marcozzi ottenuta solo grazie al paracadute, che ha costruito su di sé tutta la campagna elettorale delle regionali così conseguendo un risultato imbarazzante per le potenzialità espresse dal movimento in regione e condizionando gli equilibri politici del governo e del partito a livello nazionale”.

 

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