San Salvo: espulsione di un giovane marocchino perché inneggiava sui social all'Isis


Ouhbi Ahmed Taib, entrato clandestinamente in Italia nel 2004


di Redazione
Categoria: ABRUZZO
22/05/2018 alle ore 17:32



Nuovo caso di espulsione per aver inneggiato sui social all’Isis ed alla Guerra Santa: un 34enne di origine marocchina, residente nel centro storico di San Salvo, Ouhbi Ahmed Taib, entrato clandestinamente in Italia nel 2004.

Il giovane è stato oggetto di provvedimento di espulsione, a seguito di indagini condotte dai Carabinieri del R.O.S., (Reparto operativo speciale) e del Comando provinciale di Chieti, coordinati dai Pubblici Ministeri Michele Renzo e David Mancini della Direzione investigativa Antimafia e Antiterrorismo de L’Aquila (DDA).

I carabinieri hanno illustrato i dettagli della vicenda: è stato dichiarato che il presunto terrorista ha esternato idee oltranziste, radicali e anti-occidentali, mostrando consenso per gli ultimi avvenimenti terroristici accaduti in Europa. È emerso anche che il giovane marocchino gestiva due profili Facebook per pubblicare testi inneggianti al Jihad ed immagini di chiara propaganda nei confronti dell’organizzazione terroristica denominata “stato islamico”. In particolare, su entrambi i profili sono stati pubblicati quattro post: una foto avente sullo sfondo la Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, in primo piano un foglio recante la scritta in arabo vergata a mano “da Roma preghiamo Dio che faccia vincere lo stato islamico”; una seconda foto che ritraeva un coniglio tenuto per le zampe da un uomo, indicherebbe la volontà di sgozzare persone miscredenti; la terza immagine ritraeva un cavallo bianco con la scritta in arabo che invitava a combattere per la Jihad ed infine, l'immagine di un guerrigliero inneggiante al combattimento ed alla guerra santa da preferire alla preghiera.

Da diverso tempo inoltre il presunto terrorista consultava pagine web per la realizzazione di cinture esplosive. Aveva anche studiato come fare attività di proselitismo e propaganda in chiave jihadista tramite social network.

Gli investigatori rimarcando perciò «la pericolosità sociale dell’uomo», che da poco tempo si era trasferito in Marocco, hanno fatto scattare il provvedimento che vieta l'ingresso e il soggiorno “in area Schengen”, vale a dire quasi tutti i Paesi dell’Unione europea, per motivi di sicurezza in materia di prevenzione del terrorismo.

Il giovane, stando al resoconto dei militari, era stato allontanato dalla comunità islamica locale per la sua visione radicale dell'Islam; aveva assunto un comportamento schivo e distaccato e trascorreva la maggior parte della giornata in casa, senza frequentare cittadini italiani e senza espletare alcuna attività lavorativa.

Il Sindaco di San Salvo, Tiziana Magnacca, dopo l’adozione del provvedimento di espulsione nei confronti del cittadino marocchino, ha dichiarato: “In particolare voglio ringraziare il maggiore Amedeo Consales ed il luogotenente Antonello Carnevale e i suoi collaboratori che, sebbene impegnati in tante attività e su tanti fronti per garantire la legalità a San Salvo, riescono persino a non trascurare un fenomeno come il terrorismo che, seppur lontano dalle nostre comunità, non ci autorizza ad abbassare mai la guardia né tanto meno a non tenere conto della necessità di dover vigilare su quanti soggiornano e vivono nel nostro territorio. Solo con un gioco di squadra, tra istituzioni e forze dell’ordine e la collaborazione dei cittadini, potremo garantire sicurezza nella nostra San Salvo".

La vicenda di San Salvo riporta alla memoria recenti casi simili:

- a febbraio del 2018 a Rimini, un tunisino di 32 anni è stato espulso dall’Italia per aver inneggiato all’Isis e per aver dichiarato “farò esplodere Rimini”, “salterete tutti in aria”;

- a settembre del 2017 a Teramo un giovane pakistano è stato espulso dal territorio italiano con decreto del prefetto di Teramo Graziella Patrizi, sospettato di aderire ideologicamente all'Isis e alla jihad islamica, dopo aver inneggiato all’Isis su Facebook;

- nel marzo del 2016 il caso del presunto Imam, arrestato in un centro d’accoglienza di Campomarino perché ritenuto in procinto di tornare in Siria per prepararsi a un attentato. Anche in quel caso furono decisive le immagini trovate sul cellulare dell’uomo, Mohammed Abdullai, in seguito condannato a due anni e sei mesi di reclusione per terrorismo.

 

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