Di Matteo, addio Pd


Una barca che affonda, lo dice lui stesso nella lettera inviata al segretario regionale del partito Marco Rapinoe al capogruppo del Pd alla Regione Sandro Mariani


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
02/02/2018 alle ore 09:45

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Se ne va Donato Di Matteo, arrivederci e grazie manco per niente. Il Pd è una stanza irrespirabile, meglio abbandonarla. Duro, durissimo, un redde rationem che in campagna elettorale è come una bomba a orologeria: dentro c’è di tutto, dalle candidature non condivise, al partito che non esiste, alle sconfitte delle ultime elezioni referendum compreso, all’uomo solo al comando, all’assenza di confronto, al cerchio magico “ossequioso e arrogante” che fa e disfa. E soprattutto, c’è l’assenza di rapporti umani, indispensabili per condividere un percorso politico. E dopo il 4 marzo, comunque vadano le cose, si rivoterà alla Regione, e nessuno ne ha mai discusso, nessuno si è posto il problema. L’importante è candidarsi, l’importante è Roma.

Di Matteo abbandona la barca del Pd, sia il partito di cui non aveva rinnovato la tessera ormai da parecchio tempo sia il gruppo regionale, una barca che affonda, lo dice lui stesso nella lettera inviata al segretario regionale del partito Marco Rapinoe al capogruppo del Pd alla Regione Sandro Mariani.
Disagio, sofferenza: tu lo sapevi, Marco Rapino, scrive Di Matteo ieri pomeriggio.

“Ho segnalato più volte una sorta di mutazione genetica all’interno del partito e del gruppo, un’assenza di condivisione di collegialità delle scelte politiche, una condizione per cui la discussione è considerata un inciampo e non un arricchimento. Tutto ciò ha tramutato a vari livelli il partito in un’organizzazione liberistica personale in cui il potere di vita e di morte appartiene al capo ed è assoluto”.

Inutilmente, aggiunge Di Matteo, ho sollecitato un confronto sui temi della regione, dall’agricoltura alla sanità alle aree interne alle liste di attesa. Inutilmente.

“Più in generale ho segnalato il pericolo di un progressivo e profondo distacco tra le politiche regionali e la comunità dei cittadini abruzzesi che si è manifestato, peraltro, a più riprese nelle ultime tornate elettorali amministrative e nell’esito disastroso del referendum sulla riforma costituzionale. Non c’è stata alcuna riflessione autocritica su questi risultati né sulla conseguente uscita dal gruppo e dal partito dei consiglieri, amministratori e militanti verso nuove formazioni politiche (Leu)”

E poi della formazione delle liste, ne vogliamo parlare?

“Liste in cui abbiamo visto candidarsi la metà del gruppo regionale senza una preventiva discussione in merito all’interno del gruppo stesso. Siamo stati chiamati una sola volta a discuterne in una riunione di partito, in quell’occasione, come noto, ho manifestato il mio pensiero, le mie considerazioni, le mie perplessità liberamente, con la tranquillità e l’oggettività di chi aveva già deciso di non concorrere ad alcuna candidatura. Non ho avuto risposta, né in quella sede, né in altre, non essendoci più stati, ovviamente, altri momenti di confronto, per cui le decisioni sono state assunte in altri luoghi, in altre stanze, da un ristretto gruppo di persone: un cerchio magico ossequioso e arrogante. Peraltro senza considerare che queste decisioni porteranno all’indomani del 4 marzo, inevitabilmente ad una accelerazione dei percorsi politico amministrativi regionali di cui non si è attenuto doveroso conto”.

Un addio senza rimpianti. Di cui erano chiare le avvisaglie, da tantissimo tempo. E un bel pacchetto di voti in libera uscita.

“La militanza – aggiunge Di Matteo – la personale storia politica, le competenze, lo spirito di iniziativa, le sensibilità, la passione sono, lo sono sempre stati, elementi fondanti dell’agire politico di un uomo libero non ricattabile e condizionabile, animato solo da valori e ideali come io ho dimostrato di essere”.

E’ con profonda tristezza, conclude l’assessore, “che lascio il gruppo del Pd”.
Per il momento, e sottolinea per il momento, aderirà al gruppo “Regione facile” di cui fanno parte Lorenzo Berardinetti e Alessio Monaco.

ps: La battaglia la continuerà dall’interno della Regione, una bella spina nel fianco di Dalfy e del suo cerchio magico “arrogante e ossequioso”. Un altro uomo che non farà campagna elettorale per il presidentissimo con vocazione ministro.

 

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