Chi non esulta per il ritorno in Italia delle spoglie di Vittorio Emanuele III


Di Stefano (FI): "Pietas di fronte alla morte, ma la storia non si cancella e la vergogna dei Savoia neppure"


di Silvia Grandoni
Categoria: ABRUZZO
18/12/2017 alle ore 18:51

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È rientrata in Italia la salma di Vittorio Emanuele III, morto in esilio in Egitto il 28 dicembre 1947. La spoglie, che erano state sepolte nella cattedrale di Santa Caterina, ad Alessandria d’Egitto, sono arrivate al Santuario di Vicoforte di Mondovì a bordo di un volo militare atterrato all’aeroporto di Cuneo. Il feretro è ora accanto a quello della moglie, la regina Elena di Montenegro, che era già stata traslata da Montpellier (Francia) verso il Piemonte.

Ma la famiglia si è divisa, ancora una volta. Il principe Vittorio Emanuele, figlio di Umberto I, ha espresso alla stampa la sua delusione: “Sognavamo per questo giorno di festa un epilogo ben diverso, giustizia sarà fatta quando tutti i sovrani sepolti in esilio riposeranno nel Pantheon di Roma”. Gli eredi Savoia polemizzano anche sull’operazione avvenuta in gran segreto, pare infatti che la sorella del principe, Maria Gabriella, lo abbia tenuto all’oscuro di tutto.

Tra curiosi e turisti, sono stati in molti ad aver visitato in questi giorni il Santuario, mentre è aumentata sempre di più l’indignazione delle comunità ebraiche che protestano per il ritorno in Italia del re che ha firmato le leggi razziali del ’38. Anche il presidente dell’Associazione Nazionale Partigiani, Carlo Smuraglia, ha riferito che il rientro “urta le coscienze”.

Dure parole sono apparse sul portale di informazione Ucei www.moked.it scritte dalla presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni: "In un'epoca segnata dal progressivo smarrimento di memoria e valori fondamentali – scrive nella nota Di Segni- il rientro della salma del re Vittorio Emanuele III in Italia non può che generare profonda inquietudine, anche perché giunge alla vigilia di un anno segnato da molti anniversari", tra cui "gli 80 anni dalla firma delle Leggi Razziste. Bisogna che lo si dica chiaramente, in ogni sede – aggiunge la presidente- Vittorio Emanuele III fu complice di quel regime fascista di cui non ostacolò mai l'ascesa e la violenza apertamente manifestatasi sin dai primi mesi del Ventennio. Nessun tribunale ebbe mai modo di processarlo, per quelle gravi colpe. Cercheremo di colmare questo vuoto con una specifica iniziativa, nel prossimo mese di gennaio. Per chi oggi vuole farne un eroe o un martire della storia, per chi ancora chiede una sua solenne traslazione al Pantheon, non può che esserci una risposta: nessun onore pubblico per chi porta il peso di decisioni che hanno gettato discredito e vergogna su tutto il paese. L'Italia non può e non deve dimenticare".

“No, la storia non si cancella e la vergogna dei Savoia neppure - ha twittato il deputato abruzzese di Forza Italia Fabrizio Di Stefano. La nostra cultura cristiana però ci fa provare misericordia di fronte alla morte – continua il parlamentare- per questo ritengo sia giusto che la salma sia tornata in Italia e che non faccia quella paura che invece oggi sembra alzarsi".

Per Di Stefano il giudizio storico sulla figura politica e umana condannata dallo storia "è cosa ben diversa dal sentimento di pietas cattolica e romana: la misericordia mi fa affermare che è giusto che riposino in Italia, di fronte alla morte, le reazioni di questi giorni sono state esagerate. Una bara non fa politica- osserva fermo-. La vergogna per questo casato, però, rimane. I Savoia – spiega a ImpaginatoQuotidiano - hanno mal rappresentato l’Italia e hanno condotto una cattiva unità soprattutto per il Mezzogiorno. Il re Vittorio Emanuele III, in particolare, ha raggiunto il culmine della sua incapacità di monarca quando l’8 settembre ha annunciato la conclusione dell’armistizio con gli Alleati. Ben consapevole delle conseguenze che sarebbero derivate, è fuggito da Roma ed ha abbandonato gli italiani, costretti a subire le reazioni da parte delle truppe tedesche. Pensò solo a salvaguardare i propri interessi, invece un monarca serio – conclude- avrebbe sofferto con il suo popolo, e per tale motivo che questa pagina fu definita dagli storici come “la morte della patria”.

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