Ma se il pubblico non funziona, allora meglio fare largo ai privati. O no?


Pillole di riflessione: nessuna barricata ideologica, solo legittimo sorpasso quando a latitare è la qualità dei servizi offerti


di Leone Protomastro
Categoria: ABRUZZO
03/01/2018 alle ore 16:10

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Ha scritto il drammaturgo americano George Ade che “chiunque può vincere se non ci sono altri concorrenti”. Come dire che in assenza di un ventaglio di scelte, paradossalmente anche una capra può essere chiamata a guidare un autoarticolato.

Facciamo un gioco. Devo andare da Bari a Milano il 20 del mese. Ad oggi una compagnia low cost mi chiede 14,99 euro, mentre quella di bandiera 125. Oppure, sono un imprenditore e ho bisogno che una società di servizi del mio territorio funzioni al meglio: se la mano pubblica non lo fa per bene, mi auguro che si apra ai privati. E ancora, sono un commerciante-pendolare e a meno che non ci sia un drone che mi faccia arrivare in orario la merce che spedisco, mi auguro che i trasporti pubblici facciano un deciso balzo in avanti, o in alternativa sogno un privato che faccia di più.

Iperbole? Esempi realistici? Utopie? Chissà, ma alla base c'è un fatto. Nel nostro Paese, in alcune zone più che in altre, c'è un monopolio che i cittadini guardano come fumo negli occhi e sperano in un oggettivo cambio di piano orbitale.

Dove la mano pubblica amministra male o, peggio, fa danni ecco che si apre alla possibilità che la concorrenza e i soggetti privati intervengano. Il dibattito è lungo e controverso, ma solo alle nostre latitudini domina la posizione aprioristica e non il merito del contendere.

Certo, c'è stato chi per fare cassa ha messo all'asta i gioielli di famiglia, come la partita internazionale delle privatizzazioni sta lì a dimostrare (per dirne una, su asset strategici come i dati e la rete di Telecom non bisognerebbe nemmeno iniziare a discutere). Ma sui servizi interni, su quegli arti che da troppo tempo non deambulano autonomamente rendendo questa Italia ancora più pachidermica di quello che è, serve una sterzata.

C'è una linea (niente affatto sottile) che esiste tra pubblico e privato, e che (se letta senza paraocchi) sta a dimostrare che se il pubblico amministra, spesso, malamente non è colpa dei privati, qui come nel resto d'Italia: dunque è meglio che si faccia largo a chi se ne intende davvero. In tutti i campi.

Ma come, ci si lamenta in ogni campagna elettorale di quanto la gestione pubblica sia deficitaria in larga misura, non apra alla concorrenza mortificando il prodotto che si offre ai consumatori, di quanto il monopolio come in certe tratte di mare o di terra sia un vero freno a mano, e poi quando si può cambiare torna la paura?

Occorre poco, quel poco che Popper aveva cerchiato in rosso teorizzando il liberale: ovvero “una persona a cui importa più di imparare che di avere ragione”.

 

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