Ora tocca a me: il papà nella stanza di mediazione familiare


Mamme, papà, nonni: una vera e propria equipe al lavoro nella stanza di mediazione. Seconda puntata


di Teresa Lesti
Categoria: RiMediamo
08/11/2017 alle ore 09:39



“Per me come papà non è semplice stare seduto su questa sedia”.

Queste le parole sentite tante volte dal genitore non collocatario che vive un senso di esclusione e di disagio legato al fatto di vedere poco i propri figli e soprattutto di sentirsi alla mercè di madri che si ritengono genitrici di serie A.

In poche parole questo significa che molti papà che ho conosciuto nel mio lavoro (non tutti chiaramente) portano un vissuto di esclusione e di squalifica dipendenti spesso da una situazione familiare pregressa alla separazione dove c’ era una demarcazione dei ruoli molto forte e dove loro (magari) sono stati un po’ latitanti.

Ebbene, pur riconoscendo in queste situazioni una disparità genitoriale (se così vogliamo chiamarla) legata alla presenza, in passato, appunto, con i figli, nel momento della separazione molti papà decidono di esserci e i loro bambini hanno diritto a questa rinnovata presenza.

Senza voler entrare nelle dinamiche familiari e della coppia genitoriale prima della separazione, è importante lavorare con le persone per far comprendere loro come alla luce della rottura del legame coniugale si renda indispensabile una riorganizzazione e magari anche una trasformazione di quelle dinamiche e di quei legami prima esistenti. L’obiettivo di questa riorganizzazione della famiglia è la tutela e la cura dei figli, pertanto tutte quelle relazioni che indirettamente incidono su questo vanno rivisitate e rinforzate con linfa nuova.

Tante volte con immensa tenerezza ed empatia ho lavorato con dei papà che non desideravano altro che “esserci” nella vita dei loro figli, rivolgendosi alla loro ex compagna a volte in modo aggressivo o inadeguato ma he celava soltanto una richiesta di aiuto.

“Lo so forse sono stato assente, con te ho sbagliato e ti ho trascurata, tradita, ho smesso di amarti tempo fa e non ho mai avuto il coraggio di guardarti negli occhi e parlarti con onestà. Non ero più felice insieme a te, non mi sentivo più sostenuto e considerato, esistevano solo i bambini e la tua fatica, è stato più facile forse girarmi da un’altra parte dove ho trovato quello che con te mi mancava…..ma questo non c’entra niente con i nostri figli…io li amo, li ho desiderati quanto te e voglio essere presente nella loro vita. Non me lo impedire per favore…nostra figlia Chiara piange ultimamente quando vengo a prenderli e questo mi fa sentire uno schifo…mi sento inadeguato…ma ho bisogno di loro come loro di me…non sono stato perfetto prima come genitore ma ora per quello che mi è possibile voglio essere più partecipe alla loro vita e decidere insieme a te in merito alle loro cose….”

Ecco, questa ammissione di responsabilità del papà spesso spiazza la mamma, che resta in silenzio e le toglie metaforicamente il coltello dalla manica, quella stessa lama che aveva affondato fino a poco prima sottolineando la assenza e la inadeguatezza dell’altro genitore.

In mediazione familiare è possibile fare un pezzettino di lavoro con i genitori soltanto se loro per primi si riconoscono un valore reciproco come tali e questo è il focus principale su cui concentrarsi come mediatore.

In genere dopo questo tipo di richiesta di aiuto, la mamma si mostra disponibile ad una collaborazione genitoriale in cui il papà guadagni un po’di terreno, soprattutto se in passato non lo aveva avuto ed in genere nascono delle proposte molto creative su come ricominciare a fare insieme i genitori in un modo nuovo, con nuove relazioni, nuove dinamiche e ritrovate capacità.

Essere mamme è difficile, altrettanto essere papà, ma forse se insieme proviamo a dividere il peso di tale responsabilità ci sentiamo più leggeri.

I figli hanno bisogno di noi, di entrambi e noi di loro e di sostenerci tra di noi……

 

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