Tutti i rischi collegati al gasdotto che attraversa l'Abruzzo (e fa tappa a Sulmona)


Parla il geologo Francesco Aucone: "La Snam non ha preso in considerazione gli elementi legati alla valutazione dell'impatto sismico"


di Silvia Grandoni
Categoria: ABRUZZO
31/10/2017 alle ore 21:03

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Conto alla rovescia in vista del tavolo decisionale, al quale prenderanno parte il presidente del Consiglio dei ministri, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, i Consorzi di bonifica e i Parchi nazionali, per decidere le sorti del progetto Rete Adriatica, finalizzato a potenziare la rete del trasporto nazionale di metano.

La proposta presentata nel 2004 dalla società Snam Rete Gas, che prevede la realizzazione di un gasdotto lungo quasi 700 chilometri, interrato a cinque metri di profondità, punta a creare una imponente infrastruttura, in grado di condurre il metano dalla provincia di Taranto fino alle porte di Bologna.

Il serpentone però, nel percorrere l’Appennino, dovrebbe passare in Abruzzo, e prima di dirigersi verso Foligno, fare tappa a Sulmona, ai piedi del Morrone. Il maxi tubo, quindi, potrebbe essere edificato a pochi passi da una delle faglie più pericolose d'Europa e sempre a Sulmona potrebbe essere costruita una centrale di compressione e spinta.

In pratica, a poche centinaia di metri dal centro abitato, potrebbe sorgere su una superficie di 12 ettari un impianto che dovrebbe bruciare gas, emettendo ossidi di azoto, monossido di carbonio e nanoparticelle, con una concentrazione complessiva di circa 64 microgrammi per metro cubo l'ora e con una rumorosità entro la soglia dei 60 decibel.

 

PRO E CONTRO

Mentre Il Governo considera il gasdotto Rete Adriatica un'infrastruttura “strategica”(inserita nei Progetti di Interesse Comunitario dalla Commissione Europea), la Regione Abruzzo, almeno così parrebbe, si è schierata contro la realizzazione dell'opera e attende di giocare la partita decisiva all’imminente tavolo del Governo. A battersi concretamente per fermare la realizzazione dell’opera sono soprattutto i cittadini della Valle Peligna riunitisi in comitati. Nello specifico, i "No Tubo" abruzzesi contestano il progetto Rete Adriatica perchè il tracciato attraverserebbe aree interne ad elevatissimo rischio sismico. Inoltre avrebbe un pesante impatto sull’ambiente naturale, sulle aree di interesse storico e archeologico e sulle attività economiche delle popolazioni. Senza contare i rischi derivanti da possibili incidenti o esplosioni.

 

RISCHIO SISMICO 

Francesco Aucone, geologo, è stato incaricato dai cittadini del Comitato ‘No tubo nazionale’, oltre che dal Wwf Umbria, dall’associazione ecologista nazionale Grig onlus (Gruppo di intervento giuridico), dall’associazione a difesa delle montagne Mountain Wilderness, di redigere alcune “Note critiche allo studio di impatto ambientale inerente la tratta del gasdotto Foligno- Sestino”. Con istanza depositata il 20 ottobre, le note sono state presentate al presidente del Consiglio dei ministri, ai Ministeri competenti, e ai Governatori delle Regioni Umbria, Marche e Abruzzo, quindi anche al Presidente Luciano D’Alfonso. Inoltre l’argomento è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare a riposta scritta presentata dal deputato Gianni Melilla di Art.1 –Mdp (n. 4/18314 del 26 ottobre).

Dopo avere esaminato alcuni dati quantitativi relativi all’azione sismica, utilizzati dalla società energetica Snam per verificare la vulnerabilità sia delle tubazioni di trasporto che della Centrale di compressione e spinta di Sulmona, il geologo ha riscontrato alcune criticità. In primo luogo, secondo l’esperto, “utilizzare - come ha fatto Snam - la PGA (pick ground accelaration) per verificare una costruzione in elevazione è concettualmente sbagliato e può portare alla sottovalutazione dell’azione sismica. Una struttura fuori terra, infatti - prosegue Aucone - ha la capacità di amplificare le onde sismiche provenienti dalla superficie del suolo, in funzione del rapporto tra frequenze del sisma e frequenze naturali della struttura stessa e dello smorzamento".

Il perito prova a rendere più chiaro il suo punto di vista. "In pratica, per verificare la vulnerabilità sismica delle tubazioni, è stata considerata una PGA, ovvero la massima accelerazione sismica orizzontale, attesa in superficie per lo Stato Limite SLV di 0,418 grammi e per la centrale di 0,408 grammi - dice Aucone -. Un primo dubbio che sorge è che, ammesso che sia giusto il valore di PGA scelto da Snam per la Centrale, non è tuttavia questo il valore di accelerazione che va preso in considerazione per una struttura in elevazione, ma quello indicato dalle ordinate dello Spettro di Risposta di progetto, in corrispondenza delle frequenze naturali di oscillazione della struttura principale della Centrale e dei suoi singoli elementi costruttivi”.

La seconda critica mossa dal geologo riguarda “i valori di PGA scelti da Snam (che sono 0,408 g per la Centrale e 0,418 g per la tubazione), che sono stati ampiamente e ripetutamente superati dagli eventi sismici storici recenti. I valori di PGA, provocati dagli ultimi eventi sismici, ad esempio il terremoto dell’Aquila del 6 Aprile 2009, e quelli che hanno colpito i territori dell’Italia centrale il 24 Agosto e il 26 Ottobre 2016, e registrati dalle varie stazioni simiche sparse sul territorio italiano in prossimità e lungo la fascia di pertinenza del gasdotto Sulmona-Foligno, ci raccontano ben altro – prosegue Aucone-. La realtà dei fatti dimostra quindi che l’approccio utilizzato da Snam per definire l’azione sismica di progetto è ampiamente inadeguato e che, conseguentemente, il rischio sismico legato all’opera è stato fortemente sottovalutato".

Un aspetto ampiamente prevedibile a detta del geologo, “visto l’approccio troppo semplicistico, relativamente all’importanza dell’opera, con cui Snam ha valutato il rischio sismico attinente al gasdotto. Non solo in questo tratto, ma anche nel tratto Foligno-Sestino e probabilmente anche negli altri tre che fanno parte dell’intera opera che va da Brindisi a Minerbio”.

“Il motivo – sottolinea Aucone - risiede nel fatto che il metodo semplificato adottato da Snam è, nella sua semplicità, fortemente inadatto a valutare l’amplificazione delle onde meccaniche dovuta alle variazioni di contrasto sismico contenute nelle serie stratigrafiche di sedime del gasdotto. Per una tale opera che, per la sua importanza e la sua pericolosità, è considerata strategica dalle attuali normative tecniche (NTC 2008), va approntato uno studio dettagliato che nella terminologia tecnica viene definito studio di Risposta Sismica Locale (RSL)”.

 

FAGLIAZIONE

Infine, l’ultimo punto che l’esperto mette in evidenzia riguarda il cosiddetto fenomeno della fagliazione, che la società energetica “non avrebbe preso in considerazione”, ossia la possibilità che la superficie si rompa compromettendo qualsiasi elemento si trovi sulla stessa.

“È un fenomeno che rientra negli studi sugli effetti locali sismici e di cui si deve tenere conto nella stesura degli elaborati progettuali, in aree come la fascia appenninica, fortemente disseminate da sistemi di faglie attive – illustra il geologo-. Tra tutte le faglie attive in grado di generare un sisma, ve ne sono alcune (definite “faglie capaci”) che sono in grado di deformare permanentemente la superficie terrestre attraverso la “fagliazione”, ossia la rottura della superficie topografica a seguito del propagarsi della dislocazione fino alla superficie terrestre, interessando qualsiasi elemento che si trovi sulla stessa, comprese le opere ingegneristiche”.

In poche parole, con nemmeno il serpentone in esame potrebbe resistere al terremoto, perché si spaccherebbe. “In Italia chi si occupa di studiare questo aspetto della sismicità è Il Servizio Geologico - ISPRA e nella sezione del suo sito web dedicata a tale aspetto, fornisce una cartografia attiva delle faglie capaci conosciute del territorio italiano, ma si tratta di una rappresentazione di massima. Lo stesso Ente – sottolinea Aucone- mette in guardia i tecnici territoriali a non considerare tale catalogo esaustivo, anzi a considerarlo insufficiente negli studi progettuali di opere ingegneristiche”.

Secondo il geologo, quindi, si tratta di un aspetto da tenere fortemente in considerazione nella valutazione del Rischio Sismico di un opera ingegneristica, “oltretutto costituita da una linea di condotte ininterrotte per più di 150 Km, in un ambiente geologico caratterizzato da numerosi e diffusi sistemi di faglie attive. Non si può quindi rimanere in un ambito puramente bibliografico – rimarca in conclusione Aucone- ma nel progetto dell’opera vanno previste indagini atte ad individuare tali faglie con accurati studi di paleo-sismicità”.