La paura in mediazione: che cos'è e come si affronta (al meglio)


Quinto appuntamento con la rubrica bisettimanale Ri-Mediamo, curata dalla dott.ssa Teresa Lesti, mediatrice familiare e Consigliera Regionale Aimef



Cosa significa avere paura e quando nella stanza di mediazione esplode questa emozione? Di cosa esattamente le persone hanno timore quando cominciano un percorso con noi e come possiamo accogliere, noi mediatori, questa paura, restituendo loro, invece, un senso di fiducia?

Da quando svolgo questo lavoro, ho imparato, con il tempo, ad accompagnare le persone in una crescita personale e relazionale graduale, riuscendo a “stare con loro” nelle loro emozioni: rabbia, rifiuto, smarrimento, frustrazione, senso di profondo fallimento.

Tra queste, appunto, c’è anche la paura, paura di non farcela ad affrontare un cambiamento spesso molto doloroso e non sempre scelto, paura di non essere compresi dal mediatore, paura di non essere davvero ascoltati dall’altra parte e quindi che il percorso si riveli inutile, ancora, paura che quello che si esprime possa essere ridicolizzato o strumentalizzato, ancora peggio, in una eventuale sede legale; insomma, paura di tutto…paura di rimettersi in gioco di nuovo dopo una caduta libera che ha rovinosamente inghiottito e spazzato via molte delle aspettative esistenziali che una persona ha accarezzato rispetto al proprio futuro.

Ebbene, anche noi mediatori, rispetto a tutto questo, ogni tanto, soprattutto all’inizio della nostra professione, sperimentiamo un senso di paura o di inadeguatezza rispetto all’aspettativa che le persone caricano su di noi.

Quindi la paura è un tema che nella stanza di mediazione, ha una doppia prospettiva e una duplice lettura: la paura delle persone che vengono da noi e la nostra paura di non riuscire sempre ad accompagnare loro nel modo giusto al di là delle loro paure!

Ho imparato con “stupore” come tutto questo sia un punto di partenza straordinario per lavorare meglio insieme: il clima emotivo che si respira nella stanza e che incoraggia una nuova relazione tra le persone risente come una musica di ogni vibrazione emotiva presente.

Immaginiamo allora di rappresentare il mediatore ed i genitori come delle note e in questo modo riusciamo a comprendere meglio come dal loro equilibrio possa dipendere la qualità della musica nella stanza di mediazione: noi mediatori siamo dentro quella musica, siamo con loro anche se non siamo loro, suoniamo con loro e le nostre note influenzano le loro, ma i protagonisti della composizione restano solo i genitori e questo deve essere chiaro a noi professionisti per primi e poi alla coppia.

Noi mediatori familiari, possiamo solo – ma in fondo credo sia moltissimo – cominciare ad affrontare, noi per primi, l’emozione della paura, chiamarla con il suo nome, riconoscendocela e, quindi, trasmettere poi alla coppia la libertà di fare lo stesso: se noi impariamo a prendere confidenza con questa emozione, possiamo aiutare i genitori a fare lo stesso e solo così sarà possibile costruire in mediazione un nuovo spazio di luce e di fiducia basato sulla reciprocità e soprattutto orientato al futuro.

Riconoscere la nostra paura ed accoglierla ci consente di fare lo stesso con la coppia, insegnando alle persone a “vedere” e a rispettare le proprie paure e soprattutto quelle dell’altro: da qui poi l’emozione si può trasformare, diventando una base di fiducia da cui ripartire per costruire una nuova relazione solo come genitori.

Contatta la mediatrice e-mail: t.lesti@impaginato.it

twitter@ImpaginatoTw