Quando una proposta di legge ricorda "Casa Vianello"


SEPARATI IN CASA


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
28/07/2020 alle ore 20:06



Non sono un appassionato navigatore virtuale. Ma devo ammettere che talvolta i “canali” messi a disposizione dalla rete si dimostrano davvero utili. Trovi di tutto. Anche sit-com la cui ultima puntata risale ad oltre tredici anni fa.

Ricordate “Casa Vianello”? Ambientata nell'immaginario appartamento dei coniugi Sandra Mondaini e Raimondo Vianello, nonostante i loro continui battibecchi, Sandra e Raimondo finiscono comunque, a tarda sera, nel ritrovarsi nello stesso letto, vicini, a discapito della “grama vita” biasimata sotto le lenzuola.

Ecco, la proposta di legge costituzionale – di iniziativa popolare – avente ad oggetto la separazione delle carriere giudicante e requirente della magistratura mi ricorda proprio “Casa Vianello”

Tanto rumore per nulla. Alla fine, tutto resta com'è. Hai voglia a lamentarti e scalciare.

Nella seduta di lunedì 27 luglio, presso la Camera dei Deputati, si è svolta la discussione sulle linee generali di ciò che viene definita una riforma epocale ed indifferibile.

Come si legge nella nota predisposta dall’Ufficio Studi della Camera, la proposta di legge – che si compone di 10 articoli – è volta a separare le carriere di giudici e di pubblici ministeri mediante un intervento sul Titolo IV della Costituzione prevedendo: 1) due distinti organi di autogoverno della magistratura: uno per la magistratura requirente ed uno per la magistratura giudicante; 2) la modifica della composizione dei membri elettivi dei due istituendi CSM rispetto a quello unitario esistente, passando dall’attuale prevalenza numerica della componente togata, corrispondente ai due terzi, alla sua parificazione rispetto a quella laica, di nomina politica; 3) la rimessione alla legge ordinaria dei criteri di scelta dei magistrati costituenti la componente togata dei due organi di autogoverno; 4) la separazione formale dell’ordine giudiziario nelle due categorie della magistratura giudicante e della magistratura requirente con previsione di distinti concorsi per l’accesso in esse; 5) la possibilità di nominare, a tutti i livelli della magistratura giudicante, avvocati e professori ordinari universitari di materie giuridiche al di fuori della selezione con pubblico concorso; 6) la modifica dell’art. 112 della Costituzione, regolante l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale, con la previsione di esercizio della stessa nei casi e secondo i modi previsti dalla legge.

Davvero questa rappresenta la soluzione di tutti i mali in cui versa la magistratura italiana, ai minimi storici di consenso grazie (anche) all’impegno profuso da Palamara & co.?

Guardiamoci in faccia. La separazione delle carriere è praticamente sinonimo di dipendenza del P.M. dal potere esecutivo. E questo perché nel nostro Paese, da almeno trent’anni, si assiste al dilagare, anche nella politica, di due idee tipicamente italiane: quella di una giustizia “à la carte”, valida per gli altri, ma mai per sé; e quella per cui gli interventi giudiziari si valutano non in base ai criteri della correttezza e del rigore, ma unicamente in base all’utilità per sé e per la propria cordata.

Il sistema italiano di indipendenza del P.M. dall’esecutivo è indicato dalle competenti istanze della Comunità europea come un modello.

Si può anche suicidarsi imboccando la strada opposta, ma guai a dimenticare una frase di Calamandrei che ben si può applicare pure in questo caso: “la libertà è come l’aria; ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare”.