Perché la scommessa di Renzi è più grossa del previsto


Oggi latita un perno centrale, liberal-cattolico a cui guarda anche Urbano Cairo, che sia catalizzatore per chi negli ultimi sei anni ha scelto di votare il M5s


di Francesco De Palo
Categoria: Editoriale
17/09/2019 alle ore 10:05



Sbaglia chi si meraviglia oggi della mossa renziana, dal momento che il sistema elettorale ultra proporzionale a cui stiamo andando incontro offre potere sterminato a tutte le componenti, anche alle più piccole. 

La decisione dell'ex premier di dare vita a gruppi autonomi intanto è nata un nanosecondo dopo la rottura agostana di Salvini: troppo ghiotta l'occasione di tornare player centrale nell'agone politico italiano, dopo le macerie del post referendum e l'addio a Palazzo Chigi. Mostra che il senatore di Rignano, al netto dei mille errori commessi al governo, è riuscito a giocare una partita in cui sembrava destinato a restare in tribuna. Demerito degli altri più che suo merito? Difficile dirlo, per intanto è così.

In secondo luogo dopo il passo alla Camera e l'artifizio al Senato, si realizza una contingenza degna di una sfida a scacchi: in un colpo solo Renzi potrebbe avere una zampa al governo (Bellanova), una nel Pd (Marcucci capogruppo) e una nella maggioranza col suo gruppetto. Certo, oggi sono in molti a ricordare i precedenti simili, dal momento che non è ancora elettoralmente tarato e comunque è accreditato al di sotto del 10%.

Ma è un elemento che si accosta al gran caos di questa crisi di governo estiva, una primizia storica per l'Italia, con mille mosse sbagliate, altrettante contromosse di questo e di quello, mentre in mezzo restavano e restano le mille emergenze di un Paese che sembra ormai andare alla deriva, visto che nessuno dice una parola sulle clausole di salvaguardia, sul caso Ilva, sul debito pubblico che aumenta costantemente mentre tutti ne promettono il taglio.

Scissione o nuova nascita poco conta: le differenze tra le policies zingarettiane e quelle renziane sono troppo ampie per poter solo immaginare di tornare a convergere. E in questo momento all'Italia, come molti analisti e politici di lungo corso ripetono, manca il centro: c'è la sinistra, col nuovo volto giallo-rosso, c'è la destra sovranista di Salvini e Meloni. Ma latita un perno centrale, liberal-cattolico (a cui guarda anche Urbano Cairo) che sia catalizzatore per chi negli ultimi sei anni ha scelto di votare il M5s perché senza una vera alternativa.

Probabilmente lo stesso Renzi, che certamente avrà agito di impulso e per proprio centralismo, non ha compreso a sufficienza la portata (in prospettiva) del suo gesto. Una virata che, se solo fatta a regola d'arte potrebbe lasciare più di qualche segno di vita negli annali parlamentari.

 

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