Quanti dubbi su Di Maio alla Farnesina


Il governo giallo-verde è mancato proprio sulla politica estera e oggi non c'è discontinuità su quella poltrona


di Francesco De Palo
Categoria: Editoriale
05/09/2019 alle ore 08:29



Molti dubbi sulla nuova squadra di Governo investono la scelta in politica estera. Al governo giallo-verde in questi 14 mesi si è rimproverato il fatto di aver avuto una politica molto morbida e spesso troppo terza su dossier strategici, come la Libia, il Venezuela, l'Iran, la Cina, la Siria. Con il rischio (ormai realtà) di aver consegnato l'Italia alla quasi irrilevanza internazionale. 

Lo dimostra il fatto che in molte partite sensibili e che sarebbero dovute essere giocate dall'Italia, il nostro Paese è rimasto a guardare.

Il caso libico svetta su tutti, dal momento che l'Italia è davvero posizionata alle porte del paese ma non se ne cura affatto, ovvero non esercita funzioni di influenza e non assicura sufficientemente i necessari equilibri nel proprio tornaconto industriale. Inoltre il dossier nucleare iraniano è stato fonte di grossi attriti internazionali, al pari di quello cinese, dove spicca la possibilità che Pechino costruisca una ferrovia proprio a pochi passi dalla base militare di Aviano.

Senza dimenticare gli italiani all'estero, a cui si vorrebbe togliere anche la rappresentanza parlamentare in nome di una generica e demagogica spending review (mentre il Parlamento spende e spande soldi nostri stampando ancora migliaia di pagine nell'era degli smartphone e degli i-pad).

Insomma, di nodi ve ne sono parecchi e tutti ancora non sciolti. Per cui sarebbe stato forse più opportuno destinare alla Farnesina un nome di peso, dotato di un curriculum certificato, dalla riconoscibilità internazionale e con un know how preciso.

Certo, resta aperta la possibilità che un viceministro o un sottosegretario qualificato possano controbilanciare, ma è stata persa una ghiotta occasione in un momento di forti trasformazioni. Basti pensare al dossier energetico, dove dopo i continui cambi di posizione sul gasdotto Tap, c'è da valutare l'approccio al gasdotto Eastmed sul cui sbocco in Salento il premier alcuni mesi fa disse di no (evidentemente per non urtare l'elettorato grillino pugliese, che già aveva mal digerito il primo gasdotto a San Foca).

L'Eastmed è il frutto della nuove dinamiche nel Mediterraneo orientale su cui si è coagulato il cosiddetto triumvirato del gas composto da Grecia, Cipro, Israele e Egitto. Il fatto che nei primi vertici Roma sia rimasta nell'angolo (per mille ragioni) non è una buona notizia, sia dal punto di vista geopolitico che da quello squisitamente industriale. Ma tant'è.

Se è pur vero, come dimostrano gli annali, che la politica estera viene sempre più spesso gestita da Palazzo Chigi, è altrettanto protofanico come un buon tandem Chigi-Farnesina alla lunga porta benefici oggettivi più che disguidi e sopraccigli sollevati nei vertici internazionali.

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