Un quarto di secolo di promesse, ma le tasse non calano. Anzi…


Più balzelli di prima, è record: mai così alte da 4 anni. "Seguono" a ruota tutte le promesse di riduzione, da Berlusconi a Renzi


di Davide Leonardi
Categoria: ABRUZZO
27/06/2019 alle ore 13:50



L’Istat certifica l’aumento delle tasse: ed è un fulmine a ciel sereno per un governo sempre più diviso che ha fatto della riduzione delle imposte uno dei suoi cavalli di battaglia. Il dato diffuso dall’Istituto di statistica dimostra come la pressione fiscale, nei primi tre mesi del 2019, sia arrivata al 38,0%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta del dato più alto dal 2015 e assume dei contorni politici forti visto che l’attuale governo parla un giorno sì e l’altro pure di abbassamento delle tasse. 

Una doccia fredda che arriva in un momento in cui Bruxelles continua a chiederci tagli strutturali per scongiurare l’imminente procedura d’infrazione e che invece riceve in cambio soltanto promesse di riduzione di deficit “una tantum”. Ai piani alti di Bruxelles si dicono infatti molto preoccupati guardando all’intenzione della Lega di mettere sul piatto una flat tax coperta con altro deficit, come pure è preoccupata la Corte dei Conti, che ieri con un intervento del suo procuratore generale Alberto Avoli ha messo in guardia l’esecutivo sulle “gravi ripercussioni di uno shock fiscale in deficit”: secondo l’organo di controllo della spesa pubblica le conseguenze della riduzione delle aliquote potrebbero annullarne i benefici.

L’aspetto più preoccupante a questo punto è la possibile rappresentazione di un binomio devastante per i conti pubblici: tasse più alte da una parte e procedura d’infrazione (con conseguenti sanzioni) dall’altra, che insieme costringerebbero l’Italia a trovare nuove entrate. Con un ulteriore calo della crescita ed evidenti conseguenze burrascose sui mercati finanziari. Il primo scoglio da superare sarà quindi la sfida con Bruxelles: in questo caso il nostro Paese non sembra ben messo. L’esecutivo è stato alle prese con un delicato Consiglio dei ministri (talmente delicato che proseguirà lunedì) nel quale dovrà mettere nero su bianco i numeri da portare all’Ue. Tria ha racimolato quasi 8 miliardi con l’obiettivo di limare il rapporto deficit Pil poco sopra il 2% rispetto al 2,5% calcolato da Bruxelles.

Ma va sottolineato come tale assestamento di bilancio (stiamo parlando di 8 miliardi di deficit in meno) rappresenti nei fatti una manovra bis, quella che per troppe volte Tria&Co hanno scongiurato dicendo che non sarebbe stata assolutamente necessaria. E non è detto nemmeno che quel pacchetto di correzioni basti. Di certo aver trovato quasi tre miliardi dalle minori risorse necessarie per finanziare Quota 100 e Reddito di cittadinanza è la dimostrazione di come le politiche economiche di questo governo stiano facendo acqua da più parti. Come d’altronde certificano i numeri sulla crescita, che parlano di un’economia in bilico tra la recessione e la stagnazione. E c’è da evidenziare che seppure la Commissione europea dovesse chiudere un occhio sui conti che non tornano, con il sopraggiungere della manovra, in autunno, le grandissime criticità dei nostri conti pubblici riemergeranno con una forza devastante.

Poi c’è l’ostacolo delle tasse: come ne usciranno i gialloverdi dal pantano fiscale nel quale si sono tuffati? Probabilmente in questo caso la maggioranza ricorrerà a trucchi contabili. E uno scenario potrebbe essere quello di togliere il bonus 80 euro (che vale 10 miliardi) insieme ad alcune detrazioni fiscali per introdurre una nuova detrazione dello stesso importo. Una soluzione che non sposterebbe nessuna risorsa dalle tasche degli italiani ma che dal punto di vista tecnico abbasserebbe la pressione fiscale dello 0,6% del Pil.

Come fa notare infatti Luigi Marattin gli 80 euro rappresentano sul piano contabile maggiore spesa e non minore entrata. Quindi se il bonus Renzi venisse trasformato in detrazione, Salvini e Di Maio potrebbero vantare formalmente di aver ridotto le tasse, nonostante la situazione nelle tasche degli italiani rimarrebbe esattamente la stessa di oggi. Insomma l’ennesimo trucco fiscale su cui staccare dividendi politici potrebbe ben presto verificarsi.

 

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