Rivera zero tituli, sentenza definitiva


Passata in giudicato la sentenza sull'ex direttore generale della Regione Abruzzo


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
31/05/2019 alle ore 08:29



E’ passata in giudicato la sentenza su Vincenzo Rivera, l’ex direttore generale della Regione Abruzzo, dopo la notifica fatta ai vertici dell’ente dall’avvocato Fausto Corti per conto del dirigente Carlo Massacesi. E adesso non ci sono più dubbi, appelli, niente a cui attaccarsi: Rivera non aveva e non ha i requisiti per fare il direttore di Dipartimento (e quindi a maggior ragione, il direttore generale).

Carlo Massacesi ha ottenuto il risarcimento del danno per perdita di chance. La Corte d’Appello dell’Aquila a febbraio scorso ha bocciato il ricorso presentato dalla Regione Abruzzo e confermato quanto aveva stabilito dal giudice del lavoro dell’Aquila: Rivera, l’attuale direttore generale della Regione Abruzzo, non aveva i titoli per essere nominato Direttore del Dipartimento della Presidenza e dei Rapporti con l’Europa.

Non solo non aveva mai svolto incarichi di natura dirigenziale per i cinque anni previsti dalla legge, ma non aveva neppure il requisito alternativo della “particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria, da pubblicazioni scientifiche o da concrete esperienze di lavoro”. Requisito quest’ultimo che secondo la Regione, che aveva appellato la sentenza del giudice del lavoro, non era stato contestato da Massacesi nel suo ricorso.

In realtà la Corte d’Appello nella sentenza aveva ribadito che

“non è possibile comprendere quali sono gli elementi che hanno consentito l’individuazione del Rivera quale soggetto più idoneo alla copertura dell’incarico, stante che, per stessa ammissione della Regione, egli non ha ricoperto incarichi dirigenziali né in Regione, né presso altre amministrazioni pubbliche o private, mentre la particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica deve essere comprovata sia dalla formazione universitaria e post universitaria (che non si limita al conseguimento della laurea), sia da pubblicazioni scientifiche, sia da concrete esperienze di lavoro maturate per almeno un quinquennio”.

Requisiti che devono concorrere cumulativamente “e non alternativamente”. Inoltre, aggiungono i giudici, il requisito della particolare specializzazione professionale comprende

“non solo la concreta esperienza di lavoro, ma anche una particolare formazione universitaria e post-universitaria e le pubblicazioni scientifiche, requisiti non rinvenibili nel curriculum del dr. Rivera”.

No, non possono essere considerati di particolare interesse scientifico le pubblicazioni che Rivera aveva allegato nel suo curriculum e cioè “Profili essenziali dell’emigrazione abruzzese dall’Unità ad oggi” e “La montagna italiana tra marginalità e sviluppo”, di 15 anni fa. Il tribunale del lavoro, sul punto, era stato lapidario: queste pubblicazioni “non sembrano dare riscontro di alcuna specialistica competenza riconducibile alla figura del dipartimento della Presidenza e dei rapporti con l’Europa”.

Rivera viene nominato dalla Regione in era D’Alfonso dopo aver scartato 4 domande sulle 21 presentate: “Il candidato vanta titoli e una pluriennale esperienza in posizione dirigenziale”, scrivono nella delibera di incarico. Ma i famosi cinque anni richiesti, Rivera non li ha mai fatti. Perché non è ruolo da dirigente quello del coordinamento e raccordo del presidente dal 2006 al 2008 né quello più recente di coordinamento della struttura di raccordo istituzionale del presidente del gennaio 2015 (presidente D’Alfonso). Intanto perché sono incarichi fiduciari e poi perché l’equiparazione dell’incarico “Gabinetto della presidenza “ e “Segreteria del presidente” a quello dei dirigenti previsto dalla legge regionale 17 del 2001 è stata abrogata dopo l’impugnazione da parte del governo perché violava “i principi di uguaglianza, buon andamento e imparzialità e in particolare il principio costituzionale del pubblico concorso, che offre le migliori garanzie di selezione dei più capaci”. Insomma, non possono fare i dirigenti gli uomini o le donne che vengono chiamati dal presidente su base fiduciaria e quindi senza concorso.

Che poi lui sia stato pagato come dirigente, come sostiene la Regione nel suo ricorso, poco importa. Non solo: censurabile anche il fatto che la Regione non avesse predeterminato i criteri per la scelta del vincitore.

E ora che la sentenza è passata in giudicato, la Regione dovrà affrontare un altro problema: difficilmente Rivera potrà essere confermato alla guida dell’ufficio ricostruzione, anche perché tutti quelli che hanno partecipato al bando sono decisi a impugnare una sua eventuale conferma. Sostengono infatti che la Corte d’Appello aveva contestato a Rivera, tra le altre cose, proprio di non aver espletato i cinque anni da direttore, e che nei cinque anni ora non possono neppure contarsi quelli da lui effettuati come Capo Dipartimento degli Affari della Presidenza e come direttore generale, perché incarichi che non avrebbe potuto ricoprire.

ps: più chiaro di così.

 

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