I nostri Narcos


L'occhio del gatto, Il film, Lo spietato/#decimaMusa


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
12/05/2019 alle ore 08:45



#LoSpietato (Regia: Renato De Maria. Con: Riccardo Scamarcio, Sara Serraiocco, Alessio Praticò, Marie-Ange Casta, Alessandro Tedeschi. Genere: Drammatico)

 

Questo film lo potete vedere solo su Netflix, vi avverto. Ma vi dico anche che se siete dei veri cinefili e ne avete la possibilità è uno strumento di cui non potete più non disporre.

Centrale ne Lo spietato è l’interpretazione di Riccardo Scamarcio: una ulteriore conferma della sua maturità di attore di certo poliedrico, ma particolarmente bravo nelle parti tenebrose, a dare il suo volto mediterraneo e da eterno ragazzo a personaggi combattuti, borderline, più folli che cattivi (avevate visto, di recente, Il testimone invisibile? Qui la mia recensione https://cinedecimamusa.blog/2018/12/23/il-testimone-invisibile/). Questa volta è Santo Russo, voce narrante della biografia di un criminale DOC, figlio di un affiliato alla ‘ndrangheta caduto in disgrazia per uno sgarro di troppo. Incredibilmente sopravvissuto alla vendetta della ‘ndrina, il padre di Santo emigra negli anni settanta nella capitale morale d’Italia.

A Buccinasco, per la precisone, periferia milanese, in quegli anni completamente occupata dall’immigrazione del sud Italia. E in breve tempo anche dalla malavita e dallo stile mafioso che così efficacemente è capace di integrarsi nelle realtà sociali più diverse. La storia è una cronaca raccontata in prima persona, dall’utilitaria con le valige di cartone sul tettuccio, all’auto di lusso e l’attico con vista sulla Madonnina.

La conquista di Milano, attraverso tutti i passaggi del crimine, partendo dal carcere minorile fino ad arrivare alle maxi indagini sulla criminalità organizzata. Ho trovato innanzitutto coraggiosa e interessante l’idea del regista: attraverso gli episodi della vita di un (anti)eroe nero, dare una pennellata iperrealistica sull’ultimo tentennio del secolo scorso; cosa nascondeva la Milano da bere degli anni ottanta?

Ormai più o meno lo sanno tutti, ma metterlo in chiaro, dietro una telecamera, ha sempre un valore, anche nel suo piccolo letterario. Santo è calabrese, capisce sin da adolescente che è coi calabresi che deve avere a che fare nella sua periferia urbana. Scala il potere ‘ndranghetista trapiantato in Lombardia e, senza pietà alcuna, arriva al vertice della “catena alimentare” della malavita.

Naturalmente il passaggio dalla droga è obbligato, ed anzi la sua produzione e spaccio su larga scala costituisce il vero salto di qualità, a confronto del quale i sequestri dei ricconi e le rapine nelle gioiellerie degli anni ottanta sembrano un gioco da ragazzi. Ho pensato che Netflix, che ha messo in scena un capolavoro come Narcos, dedicato ai veri inventori del narcotraffico, inizia a fare la sua parte, con questo film, anche nel racconto della nostra storia recente.

Vedere, in una fiction così vicina al vero (tanto che alla fine ci si domanda se Santo sia stato un personaggio reale) chi eravamo ed in fondo chi siamo ancora; in cosa è consistita (anche) la nostra immigrazione interna; quanto sia inveterato e contagioso un certo modo di pensare, dove il denaro è un obiettivo negato agli onesti; cosa si nasconda dientro certi ambienti dorati e fintalmente intellettuali delle nostre città più evolute e benestanti: vedere tutto questo mi ha fatto ancora una volta pensare a quanto sia utile ed addirittura necessario il cinema. Anche se, eccezionalmente, non passa dal grande schermo.

Lo spietato non è un capolavoro, ma Scamarcio è bravissimo. E come vi ho detto l’idea è talmente buona che secondo me dovrebbe trovare altri spunti. L’Italia è una Paese così complicato che quello che accade qui sembra tutto una fiction.3