Verso le Comunali, Costantini: "Vi racconto come farò Grande Pescara"


Priorità e obiettivi del candidato sindaco (esponente civico) per il capoluogo adriatico


di Anna Di Donato
Categoria: ABRUZZO
21/02/2019 alle ore 10:09



Le elezioni comunali di Pescara si avvicinano e il 26 maggio i cittadini saranno chiamati alle urne per votare il nuovo sindaco. Tra i candidati c’è Carlo Costantini, avvocato, Deputato nella XV e XVI legislatura per l'Italia dei Valori, padre della Grande Pescara.

La sua è una candidatura come esponente del civismo, senza appoggio di nessun partito. Ecco i suoi obiettivi e le priorità su cui intervenire.

Cinque anni fa oltre il 70% dei pescaresi ha votato sì alla sua proposta di referendum sulla Grande Pescara. Come immagina la città dopo questa fusione?

So bene che la dimensione demografica, la superficie territoriale, i maggiori trasferimenti dello Stato e della Regione, le esenzioni e le deroghe dal patto di stabilità, i tagli alle spese inutili, la riduzione dei costi della politica, le semplificazioni, le razionalizzazioni dei servizi e delle funzioni amministrative saranno alcuni degli aspetti positivi della fusione. Ma so anche che da soli non basteranno. Sarà necessario, oltre a valorizzare la cura di ogni angolo della città, costruire una nuova idea di città, ambiziosa, competitiva con Bari e Ancona, tecnologicamente avanzata e capace di attrarre investimenti privati.

E poi?

E poi ricercare sempre la bellezza. Nella nostra cultura, la pianificazione urbanistica è troppo attenta ai vincoli, ai volumi, alle limitazioni, mentre io penso che il valore aggiunto sia sempre la bellezza. Un’opera o un edificio possono essere piccoli e rispettosi dei vincoli urbanistici, ma al tempo stesso orribili e non funzionali.

La bellezza finalizzata a cosa?

È la bellezza e la funzionalità di un intervento, pubblico o privato, che deve costituire il discrimine tra ciò che è possibile realizzare, rispetto a ciò che non è possibile realizzare. Naturalmente, non penso al consumo indiscriminato di altro territorio, ma penso esattamente come Renzo Piano che le città non debbano più crescere per esplosione, ma per implosione, premiando chi vuole costruire sul costruito. Si tratta di interventi costosi, realizzabili solo se convenienti per chi decide di investire.

In che modo?

Dunque, bisogna renderli convenienti, altrimenti continueremo ad avere strutture ed edifici vecchi e costosi sul piano dei consumi energetici che continueranno a contribuire alle condizioni di degrado in cui versano molte parti, anche centrali, della città. L’attuale sistema nasce da un rapporto malato e di sfiducia tra chi detta le regole e chi vuole costruire: per superarlo, bisogna mettere al centro la bellezza e la funzionalità e trovare un punto di equilibrio realistico tra gli interessi di chi vuole costruire sul costruito e quello che il Comune gli consente di realizzare. Milano, negli ultimi anni, ha subito una trasformazione formidabile, proprio grazie all’equilibrio raggiunto tra interesse pubblico ed interessi privati, negli interventi di trasformazione e riqualificazione della Città.

Quali sono le priorità su cui intervenire?

Prima di tutto riformare le regole. Saranno le regole fissate in via preventiva e non le persone a dover stabilire ciò che è possibile realizzare, riducendo al minimo la possibilità che il Comune intervenga per dire dei sì o dei no. Se non si restituiscono certezze, soprattutto sui tempi dei procedimenti amministrativi, gli investitori privati non arriveranno a Pescara e dobbiamo dirci, abbandonando ogni forma di ipocrisia, che se non rilanciamo gli investimenti privati, la nostra economia non tornerà a crescere. Sarà importante anche la cura del dettaglio e del particolare per ogni angolo della città. Di un altro elenco di innumerevoli priorità parleremo durante la campagna elettorale.

Ha scelto di candidarsi con liste civiche, senza l’appoggio di nessun partito. È il civismo dunque la formula di governo del futuro?

Il civismo non può essere la formula di governo del Paese. La dimensione civica resterà comunque una dimensione locale, mentre è giusto che il governo del Paese continui a essere affidato a soggetti (partiti o movimenti) con una dimensione e una visione ben più ampia di quella locale.
Il problema semmai è l’inverso, nel senso che la montagna di informazioni che i cittadini ricevono possono indurli, al momento del voto comunale, a pensare che se voti Lega o 5 stelle saranno Salvini o Di Maio a guidare la città. Il difficile sarà definire una dimensione locale delle prossime elezioni comunali (contestuali alle Europee) e fare in modo che emergano le persone e le loro idee, piuttosto che i partiti ai quali i candidati locali appartengono e le ideologie che esprimono.

Come spiegarlo agli elettori?

È necessario che i cittadini capiscano che alle comunali occorre scegliere persone e idee espressione del territorio, che non brillino di luce riflessa, perché il giorno dopo le elezioni chi brilla di luce riflessa scompare.
Per questo, a livello locale, si stanno rivelando sempre più decisive le liste civiche: perché mettono al centro le persone e i bisogni concreti del territorio.

Quali gli errori dell’amministrazione Alessandrini?

Marco Alessandrini è una persona per bene, corretta, leale e onesta. Credo sia ingeneroso attribuirgli la responsabilità di errori che indubbiamente può aver commesso, ma molto più per responsabilità di chi lo ha condizionato e sostenuto, che per responsabilità proprie. E ancor più ingeneroso sarebbe che queste stesse persone gli neghino oggi la possibilità di ricandidarsi a sindaco e presentarsi al giudizio degli elettori.
Forse il suo errore principale è stato proprio quello di non esercitare l’autorevolezza che un sindaco non deve mai perdere, consentendo a ognuno di coltivare il proprio orticello, senza riuscire a sviluppare una vera idea di futuro della città. Gli orticelli, quando si governa una città complessa come Pescara, non devono esistere. Deve esistere sempre e soltanto l’interesse generale della città. In alcuni casi, se i troppi condizionamenti non consentono di rappresentarlo, è meglio non perseverare nell’errore e tornarsene tutti a casa.

Lo schema di Legnini può essere paragonabile a ciò che intende costituire Calenda a Roma?

Calenda è una persona preparata e competente, ma le formule macroeconomiche da sole non funzionano e molto spesso non sono comprese o sono comprese da pochi. Quando i sistemi economici soffrono crisi drammatiche, come l’attuale, occorre mettere in campo anche e soprattutto, azioni capaci di fornire risposte immediate al disagio sociale. Da questo punto di vista, Legnini mi sembra portatore di un’altra sensibilità.
Quanto allo schema, temo che il centrosinistra si accinga a ripetere lo stesso errore di sempre: quello di pensare di potersi rigenerare con nuovi contenitori, senza cambiare i contenuti.

Quindi?

Se la maggioranza del Paese ha fiducia in questo governo e nelle azioni che sta mettendo in campo, l’unica risposta possibile è nella proposta di contenuti alternativi, ma capaci di raggiungere gli stessi obiettivi. La scelta di un nuovo contenitore magari può aiutare a rigenerarsi al momento del voto e a raccogliere qualche punto percentuale in più, ma non è una soluzione e non ti consentirà mai di tornare maggioranza nel Paese. Peraltro, i listoni formati da troppe individualità ci hanno consegnato nella storia, anche recente, risultati pessimi. E comunque, lo schema di Legnini era il contrario di quello di Calenda: una leadership forte e indiscussa, con poche idee concrete da mettere in pratica.

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