Pescaraporto, la procura chiede il processo


Richiesta di rinvio a giudizio per i cinque indagati: D'Alfonso, Ruffini, Milia, Dezio e Di Biase


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
16/02/2019 alle ore 08:38



Firmata la richiesta di rinvio a giudizio per i cinque indagati dell’inchiesta su Pescaraporto. Indagati più che eccellenti, accusati di abuso e falso in atto pubblico, che rischiano ora da 1 a 4 anni: l’ex presidente della giunta regionale abruzzese Luciano D’Alfonso, l’ex segretario dell’ufficio di presidenza del governatore Claudio Ruffini, l’avvocato Giuliano Milia, il dirigente del Comune di Pescara Guido Dezio e il dirigente del Genio civile Vittorio Di Biase.

L’inchiesta riguarda la realizzazione di un complesso edilizio nei pressi dell’ex Edison, sul lungomare di Pescara, accanto all’ex Cofa. Nel mirino la variazione della destinazione d’uso, da uffici e alberghi a residenze, di due dei tre edifici di 21 metri che avrebbero dovuto essere costruiti dalla società Pescaraporto. Società intestata alle società minori Viana, di cui sono azionisti i costruttori Andrea e Luca Mammarella, e Uropa, di cui sono soci Ugo, Roberto e Paola Milia, figli di Giuliano Milia, avvocato tra i più noti a Pescara e legale di fiducia dello stesso D’Alfonso.

Secondo i procuratori Anna Rita Mantini e Massimiliano Serpi il Genio civile avrebbe prima evidenziato la “situazione di potenziale pericolo” nell’area interessata dall’intervento edilizio, chiedendo a Comune e Autorità di bacino “di verificare regolarità e compatibilità idraulica delle attività” e poi avrebbe dato il via libera, con un documento sottoscritto da Di Biase. E tutto perché secondo la procura Di Biaseavrebbe subito pressioni. In pratica il funzionario il 15 marzo del 2016 scrisse una nota in cui “attestava falsamente” che sul terreno di Pescaraporto e sui manufatti che dovevano essere costruiti, erano stati fatti

“specifici accertamenti condotti dalle autorità competenti in materia finalizzati a verificare la regolarità delle attività edilizie segnalate e delle relative procedure autorizzati soprattutto in ordine alle effettive condizioni di rischio idraulico e ai requisiti di tutela della pubblica e privata incolumità”.

Tutto al solo scopo di autorizzare la variazione della destinazione d’uso del fabbricato da turistico-alberghiero a terziario-direzionale. In realtà, rileva la procura, l’unica attività istruttoria era stata l’acquisizione da parte del Comune, la conferma burocratica da parte dell’autorità di bacino che erano ancora valide le circolari emesse nel 2005.

“Talchè, anche al fine di realizzare il delitto di cui al capo seguente, si faceva apparire come tranquillizzante la situazione del rischio idraulico degli edificandi manufatti della Pescara porto Srl dandosi atto, in sola apparenza e diversamente davvero, di una compiuta ed attuale verifica di detto rischio da parte di tutti clienti potenzialmente coinvolti: Comune di Pescara, autorità di bacino e genio civile”.

Iervese, un altro funzionario si rifiutò di firmare. Insomma la procura ipotizza cheDi Biase alla fine si sia convinto in seguito alle pressioni dell’ex governatore. A conferma ci sono alcune intercettazioni. La procura scrive infatti che tutti gli indagati avrebbero procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla Pescaraporto, grazie all’attività di D’Alfonso che

“forte del suo ruolo di presidente della Regione, faceva pressioni sull’ingegner Vittorio Di Biase, tramite l’intervento fattivo e cosciente del segretario dell’Ufficio di presidente della Regione Claudio Ruffini e del capo di gabinetto del sindaco di Pescara Guido Dezio, affinché – scrive la procura – nel presente caso di immediato interesse dell’amico Giuliano Milia, il predetto dirigente del servizio regionale del Genio Civile Di Biase, tenesse una condotta di favoritismo, giungendo al punto di redigere la nota del 15-3-2016 ideologicamente falsa sulla falsariga di un appunto manoscritto compilato dal Milia medesimo”.

Ecco come la procura ricostruisce qui fatti: D’Alfonso fu evidentemente avvertito che Di Biase, il 18 gennaio 2016 aveva firmato un parere non favorevole in tema di compatibilità geomorfologica delle aree interessate, stabilendo quindi che c’era pericolosità idraulica conseguente all’approvazione della variante al piano stralcio difesa dalle alluvioni. Era stata la consigliera comunale pentastellata Erika Alessandrini a chiedere un’urgente verifica al Genio civile. Qui entra in campo D’Alfonso che, telefonando da Bruxelles a Claudio Ruffiini disponeva che lui accompagnato da Guido Dezio si recasse “oggi o domani, domattina se puoi” presso lo studio dell’avvocato Milia “che vi deve chiedere una informazione” e a una richiesta successiva di Ruffini per avere chiarimenti sui temi del colloquio D’Alfonso rispondeva: “andate e vi sarà detto”. In seguito Ruffini e Dezio si recarono nella mattinata del 3 marzo 2016 intorno alle otto nello studio dell’avvocato Milia. In quei momenti lui e il governatore si scambiarono degli sms nei quali D’Alfonso invitava i suoi a elaborare una “risposta provvedimentale, solo apparentemente riconducibile alla determinazione del Genio civile, indirizzata al Comune di Pescara ed utile a integrare l’istruttoria successiva alla nota l’interpellanza consiliare della consigliera cinque stelle”.

D’Alfonso con Ruffini

“Siamo da Milia ma non sappiamo il motivo. E’ la nota 5 stelle?”

chiede in un sms Ruffini.

“Sì, valutate la risposta”,

risponde D’Alfonso.

Nello stesso incontro, utilizzando una copia dell’atto del genio civile del 17 febbraio 2016 già in suo possesso, l’avvocato Milia redigeva una specie di minuta, con noticine di sua mano a margine del testo fotocopiato, che doveva essere veicolata al pubblico ufficiale Vittorio Di Biase affinché modificasse l’orientamento del proprio ufficio. Alla fine venne mandato a D’Alfonso un report di conferma di quello che era avvenuto, sempre via sms:

“Fatto, mi risento domani con Guido per completare”,

scrive Ruffini.

“Ok”,

risponde D’Alfonso.

Ricevuto l’appunto di Milia,

“Ruffini convocava l’ingegner Di Biase presso l’ufficio di presidenza della Regione e gli consegnava lo scritto preconfezionato dicendogli di adeguarsi a quanto indicato da Milia” .

Ci furono poi almeno altri due incontri tra Ruffini e Di Biase per la redazione della nota con il nuovo orientamento dell’ufficio del Genio civile: una prima bozza fu addirittura rifiutata da Ruffini e secondo la procura ci furono “pressioni dirette del presidente D’Alfonso su Di Biase, volte a imporgli il testo di Milia”.

Alla fine quindi Di Biase, come dirigente del servizio regionale del genio civile scrisse la nota del 15 marzo 2016,

“ideologicamente falsa e sulla falsariga dell’appunto redatto da Milia, che operava nell’interesse della Pescaraporto beneficiata dall’atto”.

 

twitter@ImpaginatoTw