Rigopiano, le intercettazioni rimaste nel cassetto


Un altro buco nero, un mistero nella scatola nera di un'inchiesta dai mille punti oscuri


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
18/01/2019 alle ore 08:44



C’è ancora un nuovo particolare nell’inchiesta di Rigopiano, un altro buco nero, un mistero nella scatola nera di un’inchiesta dai mille punti oscuri. Che somiglia sempre più al cilindro di un prestigiatore beffardo. 

Lo rivela il Fatto quotidiano, in un reportage pubblicato ieri a firma di Antonio Massari: un’informativa dei carabinieri del Noe di 34 pagine e 30 allegati, finita relegata in un modello 45, cioè un fascicolo senza indagati né ipotesi di reato.

In quel documento gli investigatori segnalavano alla procura dell’Aquila, che correttamente inviò poi a quella di Pescara, una sequenza di contatti di particolare interesse investigativo: denunciavano la sottovalutazione dell’emergenza, il mancato coordinamento delle operazioni di soccorso alla popolazione e soprattutto i criteri utilizzati per la distribuzione di mezzi idonei per liberare la strada dalla neve.

Eccolo il punto: la distribuzione delle turbine fatta, secondo un’intercettazione, con metodi “politici”.

Un’accusa grave, segnalava il Noe: “I criteri non parevano “correlati all’effettiva emergenza”.

La ricostruzione di quelle ore, fatte dal quotidiano, eccola qui: nel gennaio 2017, delle due turbine presenti nella zona di Rigopiano, ne è rimasta soltanto una. La settimana prima della tragedia si rompe anche quella: la riparazione costa troppo, la Provincia di Pescara sceglie di cercare un altro preventivo. Nel frattempo, il 16 gennaio, ci sono due turbine funzionanti sulla Maiella. La sera del 17 alle 19:32 il sindaco di Farindola Ilario Lecchetta scrive all’allora governatore Luciano d’Alfonso, che sta gestendo la distribuzione delle turbine, spiegando che dei sei mezzi spazzaneve comunali, tre non possono operare. E chiede uno sgombraneve. Il 17, Farindola resta isolata.

Lacchetta chiede una turbina anche al presidente della provincia Antonio Di Marco. Ma la turbina non arriva. La mattina del 18 gli operatori riescono ad arrivare fino al bivio con Rigopiano, ma la strada è bloccata e non possono proseguire. Viene individuata un’altra turbina a 100 km ma non c’è chi la guida. Altre turbine però vengono inviate nel frattempo sulla Maiella e su Atri. Fino alle 15:30 del 18 gennaio non è stato ancora implementato il coordinamento regionale previsto dalla Protezione civile. In quelle ore il Noe intercetta nell’ambito di un’altra inchiesta chi sta aiutando D’Alfonso in questo frenetico giro di richieste: è il suo braccio destro Claudio Ruffini.

Il 18 gennaio, alle 23 31, viene intercettato mentre contatta il dirigente dell’Anas Sandro Sellecchia. L’intercettazione non riguarda l’inchiesta su Rigopiano ma racconta come furono gestite quelle ore. C’è una turbina che da Campobasso sta andando verso Bolognano. Ma Sellecchia dice che serve in un altro posto, a Ortolano perché c’è stata una slavina e qualcuno rischia la vita:

“Abbiamo avuto un’emergenza, c’è gente sotto una slavina”.

Ruffini spiega che decide tutto D’Alfonso, “Non se ne frega niente D’Alfonso, queste sono le sue disposizioni” e polemizza con Sellecchi che gli risponde:

“Se diamo tutti di matto i problemi non li risolviamo, io capisco l’aspetto politico”.

Insomma, scrive il Noe che già prima di aver convocato il Core, D’Alfonso aveva delegato Ruffini per la gestione delle turbine. Il Fatto ricorda che D’Alfonsonell’inchiesta su Rigopiano è stato archiviato e Ruffini mai indagato.

I carabinieri del Noe riscontrano

“numerose gravissime interferenze e incomprensioni causate proprio da Ruffini e spesso confliggenti disposizioni date in ordine alla gestione dei mezzi”.

Tutte queste intercettazioni non entreranno nel fascicolo di inchiesta. Anzi l’informativa sarà oggetto di indagine solo recentemente. Ecco come andarono le cose.

Il 10 febbraio 2017 il sostituto procuratore dell’Aquila Antonietta Picardi, riceve dal Noe l’informativa in questione, l’invia alla collega Cristina Tedeschini all’epoca procuratore capo a Pescara:

“Trasmetto per le valutazioni di sua competenza i due modelli 45 inerenti l’emergenza sisma e maltempo del gennaio 2017”.

La procura di Pescara però non ritiene che gli atti in questione incluse le 30 intercettazioni allegate debbano essere oggetto di approfondimento. Vengono così relegate in un fascicolo senza indagati. E restano in un cassetto finché la difesa del sindaco di Farindola non viene a scoprirne l’esistenza chiedendo di conoscerne il contenuto. E solo a quel punto sette mesi dopo che l’informativa entra nel fascicolo principale, il nuovo procuratore di Pescara Massimiliano Serpi con il suo sostituto Andrea Papalia loinvia ai forestali.

Mentre Sellecchi non verrà mai interrogato su questo punto, Ruffini è stato sentito a luglio del 2018 degli avvocati di Lacchetta, Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri:

“Su ordine di D’Alfonso mi stavo accertando che l’Anas avesse inviato la turbina disponibile in Val Fino, dove, secondo le indicazioni del presidente, era destinata. La mia irritazione era legata al fatto che invece l’Anas l’aveva destinata a Ortolano perché a quanto pare c’era un’emergenza che io ignoravo. Ricevo ordini da D’Alfonso che non potevano essere discussi.

 

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