Inchiesta Rigopiano: papà Feniello, il colpevole


Condannato a 4.500 euro di multa per essere andato a depositare un mazzo di fiori dove è morto suo figlio


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
10/01/2019 alle ore 09:06



Succede anche questo in Abruzzo, succede che qui, nella terra dove due anni di indagini non bastano e si scopra solo ora e solo grazie a un servizio giornalistico, di telefonate ignorate depistaggi e frodi processuali, con un’inchiesta puntellata ancora da tanti punti oscuri misteri e omissioni, succede che papà Feniello venga condannato a 4.500 euro di multa per essere andato a depositare un mazzo di fiori dove è morto suo figlio. 

Un magistrato, Salvatore Campochiaro, ha indagato otto mesi su di lui, dal 25 maggio del 2018, quasi la metà del tempo che ci è voluta per l’inchiesta sulla tragedia di Rigopiano, per poi chiedere un decreto di condanna, accolto dal gip Elio Bongrazio: sì, Alessio Feniello si è introdotto “abusivamente” nell’area sequestrata di Rigopiano e ci è rimasto un po’ di tempo, nonostante fosse stato invitato ad andarsene dalle forze dell’ordine. E per questo merita di essere condannato.

Certo, è la legge. Una legge che non arretra di fronte al dolore e alla disperazione:

“Cosa posso dire, oggi mi hanno notificato questo – scrive papà Feniello su Facebook – Visto che mi sono recato a Rigopiano a portare dei fiori dove hanno ucciso mio figlio Stefano, e mi sono introdotto secondo loro in un’area sottoposta a sequestro, questo magistrato mi dice che devo pagare 4.500 euro oppure dovrò farmi due mesi di carcere. Bene, io rispondo a questo magistrato che non pago un ca@@o e se necessario mi faccio tre mesi di carcere”.

Feniello va avanti:

“Ti invito a fare i processi seri, visto che sei pagato da noi contribuenti – aggiunge rivolto al magistrato – non perdere tempo con le ca@@ate. Quelli che non hanno fatto niente per salvare 29 persone a Rigopiano sono ancora a piede libero e io invece devo pagare. Se sono colpevole io non mi tiro indietro perché sono un uomo”.

Un uomo disperato.

Che pone però una domanda legittima: come si fa a non tener conto del dolore di un padre e come si fa a censurare un gesto contrario alla legge ma inoffensivo, indagando addirittura per otto mesi mentre sulla tragedia di Rigopiano si stanno accavallando interrogativi così allarmanti?

E intanto si avvicina l’anniversario della tragedia.

“Ci apprestiamo a vivere il secondo anniversario della nostra tragedia – dice il portavoce del Comitato delle vittime, Gianluca Tanda – la tragedia di Rigopiano che ha segnato una delle pagine più scure della vita del nostro Paese. Il nostro stato d’animo, quello di madri, padri, figli, fratelli e sorelle e’ rimasto sempre lo stesso da quel maledetto giorno.

Uno stato d’animo oggi a distanza di due anni ancora più carico di sentimenti forti. L’anno scorso eravamo agli albori della vicenda penale , ancora frastornati dal dolore e ignari su ciò che avremmo pian piano scopert.

Oggi sappiamo molto di più e sopratutto chi ha sbagliato e nonostante le garanzie del diritto vigente e della presunzione di innocenza sino al terzo grado di giudizio, le nostre supposizioni di allora si stanno alla luce degli ultimi accadimenti giudiziari, trasformando piano piano in certezze. Lo scorso anno non abbiamo voluto per scelta la presenza dello Stato sia nazionale che regionale perché lo ritenevamo responsabile di quanto accaduto o meglio omissivo in alcune responsabilità .

Quest’anno abbiamo voluto invece tendere la mano all’attuale governo affinché si renda conto di persona del dolore che intere famiglie vivono da quel giorno, affinché si impegnino come promesso a darci la forza sia morale nonché materiale di poter combattere ad armi pari contro chi ha sbagliato e ha contribuito a far sì che ogni anno da quel giorno ci sia una giornata del ricordo della commemorazione e della condivisione così come sarà il prossimo 18 gennaio”.

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