Inchiesta ricostruzione, la maledizione della Badia di Sulmona: dalle 'Ombrelline' agli arresti


Si riaccendono i riflettori sull'ex carcere dopo l'incubo della Fonderia. Lo strano destino della struttura su cui si è chiesto a Bruxelles di aprire il portafogli


di Ilaria Proietti - M.E.Cosenza
Categoria: ABRUZZO
20/07/2017 alle ore 19:14



Un posto incantevole. Che pare nelle ultime settimane essere stato colpito da una maledizione: torna alla ribalta la Badia di Celestino V a Sulmona. Che è stato lo scenario della Fonderia, la Leopolda in salsa abruzzese organizzata dal Governatore dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso all’inizio di luglio. E che si è trasformato per i massimi vertici della regione in un incubo dopo le polemiche sulle ‘Ombrelline’. Passata (o quasi) la bufera politica, i riflettori si sono riaccesi nelle ultime ore sulla struttura usata in passato come carcere, quando si dice il destino.

La Badia di Sulmona è infatti uno dei 12 beni culturali finiti nell’inchiesta del gip dell’Aquila, Giuseppe Romano Gargarella. Che nelle ultime ore ha coordinato una maxioperazione sulla corruzione nelle attività legate alla ricostruzione post sisma che ha portato all’arresto di 10 persone, all’interdizione di 5, ed all’iscrizione nel registro degli indagati di altre 20.

Ma la Badia in questione non è un posto come gli altri: la regione ha sottoposto all’Ue l’idea di farne un centro scientifico di primaria importanza, una sorta di 'Camp David'. E proprio in occasione della kermesse della Fonderia per questo sono state organizzate visite e sopralluoghi per convincere Bruxelles a mettere mano al portafogli.

All’inizio di luglio nessuno poteva sospettare della bufera in arrivo da parte della Procura. Che però aveva messo nel mirino da tempo diverse condotte penalmente rilevanti per fatti “accaduti e accertati in L’Aquila e Sulmona dal 4 aprile al 20 ottobre 2016”, si legge nell’ordinanza di 183 pagine di cui Impaginato.it ha preso visione. Un’ordinanza che tratteggia un sistema corruttivo che ruota attorno all’aggiudicazione di lavori attraverso la modalità del massimo ribasso e che in realtà garantiva alle aziende coinvolte un recupero delle somme ed un guadagno grazie alla tecnica delle varianti. Accordate da funzionari compiacenti che, in cambio ottenevano – è questa la contestazione degli inquirenti –danari, ma soprattutto consulenze per sé e per i loro parenti.

Come appunto nel caso della Badia di Sulmona, attorno alla quale ruotano i personaggi centrali dell’inchiesta. Ossia Gianluca Marcantonio, progettista dell’impresa dei Loiudice (che il governatore Luciano D’Alfonso aveva voluto indicare nel 2016 per il Consiglio Superiore dei Lavori pubblici) e Berardino Di Vincenzo, segretario Regionale pro-tempore e Rup (che sempre D’Alfonso nel 2015 aveva voluto tra i saggi dell’arcinoto Masterplan abruzzese) a cui i magistrati contestano gli articoli 476 e 479 (falso in atti pubblici) per aver retrodatato una perizia sulla sospensione dei lavori di ricostruzione della Badia, in concorso con il direttore dei lavori Franco De Vitis. Ma non solo. A Di Vincenzo è pure contestato la corruzione (articolo 318) sempre per via del verbale che doveva servire a dimostrare l’impossibilità per la ditta di continuare i lavori. E giustificare la richiesta alla Regione Abruzzo, dello stanziamento di ulteriori fondi aggiuntivi. E ancora. A Di Vincenzo è contestato pure l’abuso d’ufficio (articolo 323) per aver procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale ad un prestanome del figlio Giancarlo. Che poi - scrivono sempre i magistrati – ha rivendicato il pagamento delle fatture degli incarichi affidati al prestanome in questione. Sempre in relazione ai lavori di restauro e consolidamento del lotto A della stessa Badia di Sulmona.

Diverse le intercettazioni disposte dalla procura che hanno consentito di svelare il meccanismo e l’intreccio di ruoli e funzioni. In una di queste, il consulente della regione nonché alto funzionario del Mibact Di Vincenzo, alla soglia della pensione infatti aveva voluto rassicurare che chi gli si sarebbe succeduto nell’incarico sarebbe stato “indirizzato” ad agire con le stesse modalità. Una ‘continuità amministrativa’ non particolarmente apprezzata dalla procura. Ma c’è di più . “Riferiva inoltre - si legge sempre nell’ordinanza - di aver già reso partecipe la Regione ed il Presidente D’Alfonso, della cosa, impegnandosi ad affiancare il futuro Rup nell’iter per il recupero al ribasso; aggiungeva altresì che i documenti sarebbero stati comunque datati al 30 (ndr. agosto), in maniera tale che il Rup fosse ancora lui”. Nel prosieguo della conversazione - si legge ancora nell’ordinanza - “Di Vincenzo spiega ai Loiudice chi ci fosse alla riunione sul cantiere della Badia, iniziando dall’architetto Marcantonio descritto come fidato uomo del Presidente della Regione, da poco entrato nella Commissione tecnica del ministero dei lavori pubblici per volontà dello stesso D’Alfonso". Anzi per citare le parole di Di Vincenzo: ‘perchè gli serve a D’Alfonso’. Che per ora non commenta.