Qui Artico, dove si gioca la nuova guerra fredda: a che prezzo?


Il Mare di Norvegia, dove operano i sottomarini russi, come nuovo terreno di incontro-scontro con il player di sempre a cui si somma la novità Cina


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
12/12/2018 alle ore 20:24

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Lo scioglimento progressivo dei ghiacci polari si somma alla crescente attività di Mosca, Pechino e Washington nell'Artico. Il motivo? Lo sviluppo possibile in quella porzione di gelo ha attirato gli appetiti delle superpotenze. 

Secondo il segretario Usa alla Difesa, Jim Mattis, sicuramente l'America ha iniziato a giocare un ruolo nell'Artico. Lo dimostra il traffico insolito che si registra in questi mesi in Alaska, con l'espansione delle partnership con i militari nordici, l'aumento della formazione militare effettuata in località super fredde e la progettazione di una nuova classe di navi rompighiaccio per la Guardia costiera in modalità armate.

Il Pentagono ha messo nel mirino quella regione perché foriera di nuove opportunità commerciali: lo scorso ottobre infatti la portaerei USS Harry Truman, per la prima volta dalla guerra fredda ad oggi, ha condotto lì una serie di esercitazioni.

Il Mare di Norvegia, un'area in cui operano i sottomarini russi, come nuovo terreno di incontro-scontro con il player di sempre a cui si somma la novità targata Cina.

Il North Warning System, un radar istallato lì per controllare gli aerei in arrivo e i missili balistici, è stato dal Pentagono definito non sufficiente per le nuove esigenze: ecco quindi nuove operazione che coinvolgono gli elicotteri Chinooks, con a bordo i paracadutisti del 4 ° Brigade Combat Team (Airborne), che hanno animato una serie di pratiche di addestramento al freddo artico.

Inoltre sono stati piazzati nuovi sensori per controllare le mosse dei nemici: il tutto rientra nella nuova strategia di Guardia costiera e Marina dopo lo scioglimento dei ghiacci che ha portato “alla luce” combustibili fossili, diamanti, nichel, platino.

Al momento però le forze in campo parlano di 40 rimpighiaccio a disposizione della Russia contro i due targati Usa, mentre la Cina è al lavoro per la costruzione del suo terzo.

Quel che è certo è che la potenziale militarizzazione di quel pezzetto di Alaska e di ghiaccio in dissoluzione porta in grembo riverberi legati alla geopolitica e alle parnership commerciali. E'come se una nuova guerra fredda (tale anche per le temperature sotto zero) si stesse distendendo in tutta la sua azione.

E l'arrivo, ad esempio degli F35 in Alaska (stimato in quattro anni) significa voler presidiare le 65.000 miglia quadrate di spazio aereo al meglio. Con tutto ciò che ne consegue.

 

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