Quando De Cecco gli disse: "Fall tu"


Verso le regionali: il retroscena nel centrosinistra


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
11/12/2018 alle ore 10:59



“Sono io la discontinuità: io con la mia esperienza, i miei metodi, i miei valori. Non ci saranno alchimie, né accordi né dichiarazioni roboanti, la discontinuità sarò io col mio modo di essere, di fare, di governare. Sarà tutta un’altra storia”:

dice così Giovanni Legnini, qualche minuto dopo aver annunciato la sua disponibilità a correre come presidente di Regione insieme al centrosinistra (qui il pezzo di Mapero’ e l’annuncio della candidatura). Sui candidati non dice nulla, lui sta lavorando alla sua squadra, “persone di valore, altre in corso di definizione”, ma non metterà becco sui candidati del Pd che decideranno di appoggiarlo:

“Io del Pd non mi voglio occupare, se non in termini di una severa vigilanza sulle questioni etiche. Io farò la mia squadra, chi vorrà mi seguirà”.

Vigilanza sulle questioni etiche: e il primo a rischiare la candidatura è proprio l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, indagato nell’inchiesta di Rigopiano in cui sono morte 29 persone. Una accusa pesantissima per il fedelissimo di Luciano D’Alfonso, una candidatura inaccettabile probabilmente per l’ex vice presidente del Csm.

E proprio la “discontinuità” di Giovanni Legnini ha determinato le prime prese di distanza da parte di tantissimi esponenti dell’amministrazione regionale rispetto al passato. Ieri in apertura dei lavori della direzione Pd, a prendere la parola è stato il vice presidente Giovanni Lolli che ha detto:

“Se gli elettori dovessero votare basandosi su quello che ha fatto la Regione negli ultimi quattro anni, la nostra coalizione non prenderebbe neppure il 20 per cento. Io per ora non parlo, ma mi riservo di farlo dopo il 10 febbraio”

Insomma, è iniziato il fuggi-fuggi. Intanto venerdì la segreteria provinciale del Pd sceglierà i candidati alla Regione che saranno poi approvati lunedì prossimo dalla direzione regionale. Ma Legnini pensa a un grande schieramento civico, con una testa di ponte, la “squadra” come la chiama lui, e dietro tutti gli altri. Questo è il suo progetto, ma i dettagli ancora non ci sono. Nella sua lettera di ieri pomeriggio, c’è un passaggio che ha destato più curiosità di tutto il resto:

“Tra qualche giorno inviterò tutti i Sindaci abruzzesi, anche quelli che non hanno sottoscritto l’appello, ad un confronto conclusivo durante il quale comunicherò le ragioni per le quali, se le elezioni si terranno a febbraio, mi candiderò a Presidente. Sarà quella anche l’occasione per delineare il profilo di un progetto di innovazione, per costruire una coalizione ampia e plurale.”

Se le elezioni si terranno a febbraio, scrive Legnini. Che vuol dire?

“Significa che non posso fare il candidato per cinque mesi, e dico che se si vota a febbraio bene, ma se le elezioni dovessero essere rinviate a maggio allora vorrà dire che dopo Natale chiamerò a raccolta i sindaci e tutti i sostenitori e faremo di nuovo il punto”.

Significa che in cinque mesi può cambiare tutto, possono cambiare gli scenari nazionali e regionali, potrebbe cambiare anche il nome del candidato del centrodestra. Non ha ancora sottoscritto la sua candidatura l’ex vice presidente del Csm, quindi si mantiene aperta l’uscita di sicurezza.

In ogni caso se ci sarà un rinvio delle elezioni, si saprà entro la settimana.

E quindi ha aspettato, ha aspettato tutto il tempo possibile anche per vedere quale sarebbe stato lo scenario che gli si sarebbe profilato davanti. Ha aspettato tanto, ma adesso l’attesa non era più sostenibile e quindi ha deciso di uscire allo scoperto, nonostante ci fosse ancora quest’ultima incertezza: la data delle elezioni.

Due mesi di sofferenza, di contrasti familiari (nessuno, dalla moglie ai figli, voleva che accettasse), di ascolto, di verifiche.

“Una scelta non facile dal punto di vista umano – spiega – ho vissuto un travaglio vero, ma alla fine ha prevalso il senso di responsabilità”.

Il timore di essere assalito dal senso di colpa: perché l’idea che con un candidato del centrodestra debole come Marco Marsilio il centrosinistra con Legnini ce la potrebbe fare è un po’ il perno di tutto il ragionamento che ha tenuto banco in questi ultimi tempi. Considerando anche, di rinforzo, che i 5 stelle in Abruzzo potrebbero scendere nel gradimento a causa della spaccatura che c’è nel movimento sul nome della Marcozzi.

Forse con lui non ci sarà Donato Di Matteo, che fa ancora parte della schiera degli indecisi e che ha scelto, a quanto pare, di fare una lista civica con l’Udc a sostegno del centrodestra, tradendo un’antica e solida amicizia: ma sembra che l’ex assessore gli abbia chiesto di rinunciare alla candidatura di Silvio Paolucci, l’assessore regionale alla Sanità, o me o lui avrebbe detto, mentre Legnini sulle candidature delle altre liste non vuole mettere becco. Forse ci sarà Daniele Toto, con la sua lista civica AvantiAbruzzo.

Insomma, è lui il candidato presidente. Si avvera la profezia che gli fece Marcello De Cecco quando Legnini venne incaricato dal Pd di andare nella casa lancianese dell’economista morto due anni fa, per proporgli la candidatura a presidente della Regione. Era il 2008, l’anno della Sanitopoli regionale e dell’arresto di Del Turco, un momento tragico per il Pd (che poi decise di appoggiare la candidatura di Carlo Costantini). Ma Legnini si fece carico, ci provo, disse ai suoi. Bussò e De Cecco lo fece accomodare nel suo studio. Dovette fare un gran giro di parole, una introduzione condita di termini come difficoltà rigore riscatto e amore per l’Abruzzo, una specie di supercazzola (perché la partita era davvero disperata) per toccare le corde giuste di Marcello De Cecco. Che rimase in silenzio ad ascoltarlo fino alle fine, una buona mezzora. Quando Legnini alla fine si interruppe, per aspettare la risposta, dopo l’economista gli rispose, in dialetto:

“Fall tu”.

E adesso Legnini, dopo dieci anni, lo farà. Data delle elezioni permettendo. Anche se ci sono ancora tanti nodi da sciogliere, i nomi della squadra, i programmi, la campagna elettorale. Per esempio: Giovanni Legnini, sarà capolista in tutte le liste a suo sostegno, come hanno fatto tanti in passato?

“Certo che no. Io sarò candidato presidente punto e basta. Il mio obiettivo è vincere le elezioni, non ottenere un seggio in Consiglio regionale”.

 

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