Immobilismo e sabbie mobili: se i trasporti sono bloccati (e gli investimenti pure...)


Tav, Ncc e fondi i tre fronti apertissimi. Ma non doveva essere tutto più facile e più veloce?


di Francesco De Palo
Categoria: Editoriale
05/12/2018 alle ore 12:21



Il contrario di trasporto? Immobilismo. Il contrario di crisi? Più investimenti.

Ecco, due passaggi che in questo scorcio di fine anno stanno monopolizzando le attenzioni internazionali e delle imprese italiane, forse quanto la telenovela con Bruxelles sulla manovra.

Il punto verte non solo il merito delle decisioni del Ministero delle Infrastrutture, ma anche il modus con cui vengono attuate.

Ci sono fior di paper, inchieste, studi e pregevoli pamphlet che nell'ultimo decennio hanno sottolineato - con il conforto di dati e trend - come il ritardo italico sia da focalizzare anche sul dossier infrastrutturale. Ovvero in quella serie di questioni che toccano l'alta velocità, le merci finalmente in treno, la manutenzione straordinaria visti i terremoti, la modernizzazione dei treni per i pendolari, il raddoppio ferroviario che al sud ancora è una chimera. Tutti nodi non affrontati fino in fondo o affrontati male.

Oggi si apprende che il Ministero dei Trasporti ha chiesto a Telt, la società che funge da ente appaltante, di rinviare tre bandi per l'avvio dello scavo riguardante la Tav oltre la scadenza prevista di dicembre 2018. Una mano di poker altamente rischiosa, con il rischio di mettere a rischio posti di lavoro e il futuro trasportistico italiano.

Altro fronte aperto con gli autisti Ncc, sul piede di guerra perché da gennaio rischiano di chiudere i battenti. Il motivo? Il cosiddetto emendamento “antiabusivismo” al Milleproroghe (29/1 quater) del 2008 dice che gli Ncc sono obbligati a fare rientro in rimessa alla fine di ogni servizio anche se in presenza di altri clienti, quindi con l'impossibilità di muoversi liberamente. Si parla di 50mila imprese potenzialmente in pericolo.

Nel mezzo la gestione dell’Autobrennero, di cui anche il Comune di Verona è socio territoriale, che il governo vuole nazionalizzare.

All'orizzonte le sabbie mobili dei difetti storici del “pubblico” italiano: tempi biblici, monopoli che si rafforzano, ultraoconservatorismo e la sensazione che le classifiche europee non daranno buone notizie.

 

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