Cosa c'è dietro la guerra (non più solo) diplomatica tra Israele e Turchia


Mentre Mosca blinda il mare d'Azov e Kiev chiede l'intervento della Nato, c'è un altro fronte che resta caldo nel Mediterraneo


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
30/11/2018 alle ore 07:00

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Mentre Mosca blinda il mare d'Azov e Kiev chiede l'intervento della Nato, c'è un altro fronte che resta caldo nello scacchiere a cavallo tra il Medio Oriente e il versante euromediterraneo: quello che riguarda i rapporti tra Tel Aviv e Ankara.

Il ministero degli Esteri israeliano ha deciso di inviare in Turchia un sottosegretario, ovvero un diplomatico di rango inferiore. Il motivo? All'inizio del 2018, dopo le perduranti tensioni tra Israele e la Striscia di Gaza e Israele, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan aveva richiamato Eitan Naeh, ambasciatore a Tel Aviv, per consultazioni. Per poi successivamente chiedergli di lasciare il suolo turco.

La risposta di Tel Aviv non si fece attendere e investì il console turco a cui fu chiesta la medesima decisione, seguita da un'appendice turca con l'espulsione del console dello Stato ebraico ad Ankara, Levy Safri.

Insomma una guerra diplomatica che non nasce certamente nell'anno in corso, ma che investe nel tempo il peso specifico dei rapporti tra i due paesi e i due leader, compreso il dossier energetico e il rapporto con Hamas.

“Erdogan è spericolato e imprevedibile, io sono pessimista, è una contraddizione che un membro della Nato come la Turchia acquisti missili russi S-400. Sono anche preoccupato per l’acquisto degli aerei F-35 dagli Stati Uniti”. Queste le parole del premier israeliano Benjamin Netanyahu in riferimento alle ultime mosse di Ankara, che sono state sussurrate direttamente alle orecchie del ministro degli esteri cipriota Nikos Christodoulides, con cui si era incontrato per la questione gas.

Infatti Tel Aviv, assieme a Egitto, Cipro e Grecia hanno dato vita al quadriumvirato del gas in chiave Tap e Eastmed, ovvero i due gasdotti che determineranno le politiche (presenti e future) del Mediterraneo, visto che ne sanciranno una sorta di indipendenza energetica con la diversificazione degli approvvigionamenti.

Secondo Netanyahu “non si possono più sottovalutare” i movimenti di Erdogan nel Mediterraneo orientale, ovvero le interferenze che Ankara sta mettendo in campo nella Zona economica esclusiva cipriota dove Eni, Exxon e Total sono impegnate nelle perforazioni a caccia di gas.

Un passaggio che si lega al dossier migranti, solo in apparenza risolto dall'Ue tramite l'accordo milionario concluso proprio con Erdogan. Infine il caso dei curdi, primi a stanare l'Isis in Siria, ma da sempre nel mirino di Ankara (al pari del predicatore Gulen negli Usa).

Tutti elementi che Israele ha bene in mente e che saranno al centro delle prossime mosse.

 

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