Acerbo: una follia votare a febbraio


Lo dice, senza timore che qualcuno gli possa dire che stia facendo il gioco del Pd, il segretario di Rifondazione


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
21/11/2018 alle ore 07:13



Non solo perché le temperature si stanno vertiginosamente abbassando. Ma perché di fatto è un tema che riguarda anche i costi della politica: votare a febbraio in Abruzzo non ha molto senso.

Lo dice, senza timore che qualcuno gli possa dire che stia facendo il gioco del Pd, il segretario di Rifondazione Maurizio Acerbo, uno che il Pd non lo può vedere manco in fotografia. Ieri un post su Facebook:

“Si voterà in Abruzzo per la Regione il prossimo 10 febbraio. Questo significa che la campagna elettorale si svolgerà nei mesi più freddi dell’anno – scrive Acerbo – Quelli per intenderci da emergenza neve. Davvero la scelta meno opportuna per favorire la partecipazione popolare. Non mi riferisco solo ai comizi, alle affissioni o ai volantinaggi. Ma persino alla possibilità di recarsi ai seggi in tanti comuni montani e non solo visto come in Abruzzo basta qualche nevicata per mandare in tilt collegamenti stradali e persino linee elettriche. Inoltre si prefigura un bello spreco di denaro pubblico perchè pochi mesi dopo, a maggio, c’è una tornata di elezioni europee e amministrative. Negli anni passati i governi hanno accorpato votazioni in un unico “election day” per risparmiare. Pare che questa volta nessuno lo chieda. Centrodestra e centrosinistra hanno sempre operato in tal senso negli ultimi anni. E il M5S ha fatto della diminuzione dei costi della politica il suo cavallo di battaglia. Non si comprende la ragione per la quale si debba votare in pieno inverno. A me sembra una follia. Basta un decreto del governo per evitarla”.

Certo, il Pd non può chiederlo, anche se nei mesi scorsi il problema è stato affrontato dalla giunta regionale abruzzese, fino alla secca smentita finale di Giovanni Lolli:

“Non è allo studio nessuna richiesta in tal senso”.

Di fatto, non ha la faccia per chiedere un rinvio delle elezioni, dopo che lo slittamento al 10 febbraio è stato causato proprio dal tira e molla di Luciano D’Alfonso che dal 4 marzo ha aspettato cinque mesi e l’altolà di Maurizio Gasparri, per dimettersi.

Potrebbero chiederlo però sia il centrodestra, che è in grandissima difficoltà per la scelta del candidato presidente, o gli stessi Pentastellati che hanno fatto della riduzione dei costi della politica un proprio cavallo di battaglia. Certo, ci vuole coraggio: anche il coraggio di prolungare ancora questa legislatura, i cui costi continuano a lievitare, primi fra tutti gli stipendi dei consiglieri e degli assessori regionali costretti da mesi all’ordinarissima amministrazione, e cioè a fare quasi nulla.

ps: Di fatto, in Italia per il momento non c’è un election day, e si voterà in date distinte per le Regionali (e nelle diverse Regioni) e per le Europee: costi (e condizioni meteorologiche) davvero insostenibili.

 

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