Verhofstadt, Regno Unito migliori l'offerta sui cittadini comunitari o Parlamento europeo porrà veto




Categoria: ESTERI
10/07/2017 alle ore 14:23



“Nel Parlamento europeo riconosciamo che la decisione della Brexit è stata una scelta democratica, ma non siamo mai stati convinti che che possa essere uno sviluppo economicamente positivo: certamente non per la posizione dell’Europa e del Regno Unito nel mondo e, cosa più importante, non per i cittadini. La proposta del Regno Unito — ben al di sotto dell’ambizione di ‘mettere i cittadini al primo posto’ — conferma questa convinzione. Se attuata, getterebbe una nube scura di vaghezza e incertezza sulle vite di milioni di europei”. Inizia così un articolo pubblicato sul quotidiano britannico “The Guardian” da Guy Verhofstadt, capo negoziatore per la Brexit del Parlamento europeo e capogruppo dell'Alleanza dei democratici e dei liberali per l'Europa, e da altri otto europarlamentari: Manfred Weber, presidente del Partito popolare europeo; Gianni Pittella, dei Socialisti e democratici; Gabi Zimmer, della Sinistra unitaria europea - Sinistra verde nordica; Ska Keller e Phillippe Lamberts, dei Verdi - Alleanza libera europea; Elmar Brok, Roberto Gualtieri e Danuta Hubner, membri del Brexit Steering Group. Le differenze con la proposta del capo negoziatore della Commissione, Michel Barnier, sono definite “stridenti”: Bruxelles vuole che i cittadini britannici e degli altri 27 paesi membri mantengano gli stessi diritti e lo stesso livello di protezione attuali; tutti i diritti acquisiti prima dell’uscita della Gran Bretagna dovrebbero essere garantiti a vita e in condizioni di reciprocità, una posizione “semplice, chiara ed equa”, condivisa anche dalla maggioranza del popolo britannico. La risposta di Londra è stata “un vero fiasco”, proseguono il politico belga e i suoi colleghi: gli europei avrebbero lo status di cittadini di “paesi terzi”, “con diritti inferiori a quelli offerti ai britannici nell’Ue”; perderebbe il diritto al voto nelle elezioni amministrative, il ricongiungimento coi familiari sarebbe soggetto a requisiti di reddito e la sorte dei figli non sarebbe chiara. C’è “il rischio reale — sintetizzano gli autori — di creare una cittadinanza di seconda classe”, in contrasto perfino con quanto affermato dallo schieramento Vote Leave, che aveva promesso “condizioni non meno favorevoli di quelle attuali”. La proposta del Regno Unito, accusano il leader dell'Alde e gli altri firmatari, comporterebbe anche un aggravio degli oneri burocratici, perché tutti i membri di un nucleo familiare dovrebbero presentare domande separate per il riconoscimento di uno “status definito”. La cosa peggiore, a loro parere, sarebbe l’incertezza. Gli studenti europei dovrebbero pagare tasse universitarie più alte? Le qualifiche professionali continuerebbero a essere riconosciute? E che succederebbe ai lavoratori frontalieri, nemmeno menzionati? “Abbiamo il massimo rispetto per il sistema giudiziario britannico, ma i tribunali applicano le leggi adottate dai politici britannici, che attualmente non sono in grado di offrire sufficienti garanzie per gli anni a venire”, continuano Verhofstadt e compagni, argomentando che i cittadini europei dovrebbero poter far valere i loro diritti “in un meccanismo nel quale la Corte europea di giustizia svolga un ruolo pieno”. L’articolo sottolinea l’urgenza di un accordo, perché i negoziati “devono essere completati entro il marzo 2019”: sarebbe “semplicemente impensabile”, infatti, che il Regno Unito votasse per le elezioni europee del maggio 2019. “L’Unione Europea ha la missione comune di estendere, rafforzare e ampliare i diritti, non di ridurli. Non appoggeremo mai una loro cancellazione retroattiva. Il Parlamento europeo si riserverà il diritto di respingere ogni accordo che tratti i cittadini dell’Ue, a prescindere dalla nazionalità, meno favorevolmente di oggi. È una questione di diritti fondamentali e di valori alla base del progetto europeo”, è la conclusione.

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