Ecco perché non tutti i matrimoni sono uguali


Con la recente sentenza resa a Sezioni Unite Civili (n. 18287 dell'11.7.2018) la Cassazione ha definitivamente risolto un contrasto


di Garpez
Categoria: La versione di Garpez
10/10/2018 alle ore 15:43

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Con la recente sentenza resa a Sezioni Unite Civili (per chi fosse interessato: la n. 18287 dell'11.7.2018) la Corte di Cassazione ha definitivamente risolto un contrasto creatosi all'interno delle proprie Sezioni circa l'individuazione dei criteri da seguire ai fini del calcolo dell'assegno di divorzio.

La disposizione normativa di riferimento è rappresentata dall'art. 5, comma 6, della l. 898 del 1970, secondo la quale: “con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale dispone, tenuto conto delle condizioni economiche dei coniugi e delle ragioni della decisione, l’obbligo per uno dei coniugi di somministrare a favore dell’altro periodicamente un assegno in proposizione alle proprie sostanze e ai propri redditi.

Nella determinazione di tale assegno il giudice tiene conto del contributo personale ed economico dato da ciascuno dei coniugi alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di entrambi (…)”.

La decisione della Corte ha suscitato interesse e sorpresa (per taluni sarebbe meglio parlare di comprensibile soddisfazione) non solo tra gli addetti ai lavori, venendo addirittura giudicata come “rivoluzionaria”

Vediamo di cosa si tratta.

Sino agli inizi degli anni ‘90, l'orientamento maggioritario della Corte di Cassazione riteneva che l'assegno previsto dall'art. 5, comma 6, della l. 898 del 1970 assolvesse ad una triplice funzione:

assistenziale, in senso lato, con riferimento al criterio che fa leva sulle condizioni economiche dei coniugi; risarcitorio in senso ampio, con riguardo al criterio che concerne le ragioni della decisione; compensativo, per quanto attiene al criterio del contributo personale ed economico dato da ciascun coniuge alla condizione della famiglia e alla formazione del patrimonio.

Il motivo di tale orientamento risiedeva nella (non più attuale) considerazione della tipologia dei rapporti familiari, dove a fronte del coniuge “produttore di reddito” (in genere il marito), si contrapponeva la statica figura del coniuge “casalingo” (in genere la moglie) che per “badare alla casa e crescere i figli” inevitabilmente for strada le proprie ambizioni professionali.

Nel 1990 (con la sentenza n. 11490) le Sezioni Unite Civili della Corte stabilirono che la natura dell'assegno di divorzio fosse esclusivamente assistenziale

Il presupposto per la concessione dell'assegno si rinveniva nell’inadeguatezza dei mezzi del coniuge “debole”, quindi nell'insufficienza reddituale on cui potesse mantenere un tenore di vita analogo a quello avuto in costanza di matrimonio.

Non si doveva tener conto di uno stato di bisogna, ma di un apprezzabile deterioramento, dipendente dal divorzio, delle precedenti condizioni economiche.

Tale convincimento è rimasto pressoché inalterato sino alla sentenza n. 18287 del 2018, laddove le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno, viceversa, stabilito che ai fini del calcolo dell'assegno di divorzio occorre tenere in considerazione non il tenore di vita, ma diversi fattori, attraverso un criterio c.d. “composito” che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall'ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all'età dell'avente diritto.

Tale orientamento (a modesto parere di chi scrive: per nulla rivoluzionario, rappresentando ortodossa declinazione dei principi costituzionali di pari dignità e solidarietà, che permeano il vincolo matrimoniale anche nella fase patologica del suo scioglimento) afferma che il contributo fornito alla conduzione della vita familiare costituisce il frutto di decisioni comuni di entrambi i coniugi, libere e responsabili, che possono incidere anche profondamente sul profilo economico patrimoniale di ciascuno di essi dopo la fine dell'unione matrimoniale.

In parole povere: l’assegno di divorzio sarà d'ora innanzi calcolato in base alla concreto contributo (non solo economico) che ciascun coniuge avrà fornito per la conduzione della unione coniugale.

Con buona pace dei matrimoni di comodo o durati meno di un weekend.

 

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