CETA, anche Coldiretti Abruzzo in piazza a Roma


Proteste contro il trattato che mette a rischio il Made in Italy


di Silvia Grandoni
Categoria: ABRUZZO
05/07/2017 alle ore 16:19



Anche l’agricoltura abruzzese dice #STOPCETA . “Non vogliamo il grano canadese al glifosato”, “No alla carne agli ormoni dal Canada”, “No alla svendita del made in Italy”. Sono alcuni degli slogan usati dai tantissimi agricoltori abruzzesi che questa mattina hanno lasciato le campagne per manifestare in Piazza Montecitorio a Roma per fermare il primo trattato di libero scambio con il Canada. Un accordo che la Coldiretti definisce “sbagliato e pericoloso per l’Italia”.

Un tripudio di bandiere, cappellini e cartelloni davanti al Parlamento dove è avvenuta la discussione per la ratifica del Trattato che consente alle multinazionali delle rispettive aree di esportare e vendere prodotti, senza trovare intralci nelle legislazioni nazionali a tutela della salute e del lavoro. “Un accordo che – spiega Coldiretti- spalanca le porte all’invasione di grano di provenienza canadese e che prevede anche il via libera all’importazione a dazio zero per circa 75.000 tonnellate di carni suine e 50.000 tonnellate di carne di manzo dal Canada dove vengono utilizzati ormoni per l’accrescimento vietati in Italia”.

Da qui l’iniziativa di Coldiretti denominata #stopCETA e condivisa con un'inedita ed importante alleanza con altre organizzazioni Cgil, Arci, Adusbef, Movimento Consumatori, Legambiente, Greenpeace, Slow Food International, Federconsumatori, Acli Terra e Fair Watch.

Gli agricoltori di Coldiretti sono partiti all’alba per arrivare puntuali nella capitale, insieme ad una delegazione di sindaci e assessori che hanno già approvato, su richiesta di Coldiretti, una specifica delibera per sollecitare Parlamento e Governo ad impedire l’entrata nel nostro Paese del trattato.

“Il CETA genera preoccupazione e allarme, per diversi motivi – sottolinea il Direttore di Coldiretti Abruzzo Giulio Federici – basta pensare che, con la prospettiva dell’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Canada sono aumentati del 15% gli sbarchi di grano duro del Paese nordamericano in Italia nei primi due mesi del 2017, con manovre speculative che stanno mettendo a dura prova una delle produzioni più importanti del nostro Paese”.

“Un altro aspetto da non sottovalutare – dice a Impaginato.it David Falcinelli, responsabile Servizio Economico Coldiretti Abruzzo- è che il trattato potrebbe fungere da cavallo di troia per gli Stati Uniti, che aprirebbero ‘succursali’ in Canada per esportare liberamente prodotti statunitensi, senza dover più rispettare le norme sanitarie europee. In Europa è vitatissimo usare ormoni, è vietato dal 1970 l’uso di antibiotici, in Italia i serbanti chimici sono utilizzati solo per uccidere le infestanti del grano – continua Falcinelli-. Al contrario in Canada viene utilizzato un numero rilevante di sostanze attive tra cui l’Acefato o il Carbendazim, per i quali, oltre all’elevata tossicità riscontrata, sono comprovati cancerogeni, sulla mutagenesi, sulla riproduzione e sugli ecosistemi. Capite quale enorme rischio stiamo correndo?”- incalza l’esponente Coldiretti.

In pericolo non ci sono solo la produzione di grano e la vita di oltre trecentomila aziende agricole italiane che lo coltivano, ma anche un territorio di 2 milioni di ettari a rischio desertificazione e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione Made in Italy. “Ben 250 denominazioni di origine (Dop/Igp) italiane riconosciute dall’Unione Europea - spiega Falcinelli- non godranno di alcuna tutela sul territorio canadese. L’Italia e l’Unione Europea hanno il dovere di difendere i prodotti che sono l’espressione di una identità territoriale non riproducibile altrove, realizzati sulla base di specifici disciplinari di produzione e sotto un rigido sistema di controllo”.

Ma cosa chiede quindi Coldiretti? “Che nei trattati –conclude Giulio Federici, direttore Coldiretti Abruzzo “venga riservata all’agroalimentare una specificità che, oltre a proteggere l’ambiente, la salute e la libertà di scelta dei consumatori. Oggi purtroppo non è a rischio solo l’economia della nostra regione, ma sono a rischio tutte le varietà di grano antico che i cerealicoltori abruzzesi si stavano impegnando a salvare dall’estinzione e tutte le produzioni casearie e zootecniche regionali fortemente legate al territorio grazie alla biodiversità dei nostri pascoli”

 

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