Mettere in sicurezza l'Italia. Dopo Genova non può che essere questo il programma del governo


Che è poi l'essenza della buona politica (prima della prossima tragedia che sarà del tutto imprevista)



Mettere in sicurezza l'Italia. Serve questo e nient'altro. E serve adesso. Prima della prossima tragedia che sarà del tutto imprevista, ma, forse, assolutamente prevedibile. Prima dei prossimi lutti (speriamo mai!) e delle prossime polemiche (che sempre ci saranno!). 

Bisogna decidere e fare di un immane ed incredibile disastro una opportunità. Bisogna mettere in moto ogni strumento per avviare la bonifica dell'intero territorio nazionale che non può attendere supinamente altre sventure. Decidere tempi, modi, risorse.

Magari con una legge apposita che scavalchi ogni obbligo e ogni burocrazia. Sapendo che le professionalità - sia pubbliche sia private - non mancano. E che nessun vincolo di bilancio potrà mai essere opposto. Mettere in sicurezza l'Italia può e deve essere il programma di governo. Di questo governo che si dice del cambiamento. Pena il suo fallimento.

Da troppo latitano verifiche e manutenzione. E mancano interventi ed investimenti. Quindi il programma è già scritto. Già plasticamente visibile da Bolzano a Trapani. Come accaduto in passato, anche adesso si tratta di un nuovo inizio. Perché se fu possibile (eccome se lo fu!) ricostruzione e boom economico, dalle macerie della devastante guerra mondiale, non si capisce perché mai non dovrebbe essere possibile adesso.

La messa in sicurezza dell'intero territorio nazionale è la priorità. Prima ancora del drastico taglio fiscale che è una necessità. Ogni infrastruttura, giovane o datata che sia. Ogni borgo, ogni paese, ogni quartiere e città: un censimento che per larghissima parte è già bello che pronto. Visibile.

Mettere in sicurezza l'Italia è il programma su cui si misurerà la capacità, la volontà e l'intelligenza del governo Cinquestelle/Lega. Di Maio e Salvini, vinte le elezioni, devono corrispondere alle aspettative che hanno suscitato. Ma, dopo il crollo del viadotto Morandi a Genova, per farlo non hanno altro modo che questo. Il piano per mettere in sicurezza l'Italia diventa il loro banco di prova.

Del resto, nonostante il veleno di stampa e tv, larga parte degli italiani ha già detto basta. Ha già chiuso con il passato e anche con i suoi vecchi referenti. Persino con le ideologie. E l'ha fatto perchè si è costantemente sentita presa in giro. Così ha detto stop ai soliti noti, ai piacioni e ai volponi. Al solito diluirsi di ogni responsabiltà, al solito conformismo, ai soliti potentati e alle loro servitù più o meno consapevoli, alla solita furbesca pratica di privatizzare ogni utile e socializzare ogni perdita. Miopia politica e imposizioni cervellotiche hanno fatto il resto.

Ecco che la ferita di Genova può essere lo spartiacque. Tra quel che è stato e quel che sarà.

Ponti, bretelle, tronchi autostradali, strade di ogni genere, caselli, porti, aeroporti, ferrovie: ogni manufatto a rischio usura o a rischio sismico merita attenzione, merita controlli, merita interventi. Non perchè il dramma non accada mai più, sarebbe pia illusione, ma perchè non accada più così spesso come adesso.

Mettere in sicurezza l'Italia incoraggiando l'unità di intenti, la fattiva collaborazione tra pubblico e privato: una simbiosi necessaria e capace di realizzare la bonifica dell'intero territorio nazionale. Per ridare fiducia e speranza. Che è poi l'essenza della buona politica.

 

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