Medio Oriente, gli Usa hanno bisogno di una strategia per il post-Isis




Categoria: ESTERI
29/06/2017 alle ore 15:38



Le notizie giunte dalla Siria nelle ultime settimane sono preoccupanti: le forze Usa hanno colpito in più occasioni elementi dell'Esercito regolare di Damasco, sostenuto da Russia e Iran; nei giorni scorsi, Washington ha accusato il regime di preparare nuovi attacchi chimici contro i ribelli e i civili. La vera ragione di questo aumento della tensione, scrive sul "Wall Street Journal" John Bolton, dell'American Enterprise Institute, è la sconfitta ormai prossima dello Stato Islamico, che lascia ampie porzioni della Siria e dell'Iraq occidentale aperte al confronto diretto tra i principali attori regionali. Gli Usa, avverte Bolton, rischiano di fronteggiare con isteria una situazione complicata, a causa "dell'assenza di pianificazione strategica in merito al Medio Oriente post-Stato islamico". La sconfitta dell'Isis "lascerà un vuoto politico regionale che andrà colmato in qualche modo", e l'amministrazione del presidente Usa Donald Trump, "anziché ripetere gli errori del presidente Obama", dovrebbe intraprendere una "dolorosa riconsiderazione" sul modello annunciato nel 1953 dall'allora segretario di Stato Usa John Foster Dulles in Europa, a fronte della minaccia comunista. Gli Usa, scrive Bolton, dovrebbero anzitutto "abbandonare o ridurre sostanzialmente il sostegno militare all'attuale governo irancheno", che secondo l'opinionista è politicamente dominato "dagli sciiti leali all'Iran. L'Iraq di oggi - afferma Bolton - è simile all'Europa Orientale di fine anni Quaranta, prima che l'anaconda sovietica la chiudesse nelle sue spire": estendere il controllo politico e militare di Baghdad sui territori sottratti all'Isis "equivale ad ampliare il potere di Teheran, e questo non può essere nell'interesse degli Stati Uniti". Gli Usa dovrebbero appoggiare piuttosto i curdi iracheni, che sono "in procinto di dichiarare la loro indipendenza de jure". E' vero, però, ammette Bolton, che anche i curdi "sono tutt'altro che monolitici, specie in Siria e in Turchia, e non tutti guadano con favore agli Usa". Washington, prosegue l'opinionista, "dovrebbe esercitare pressioni sull'Egitto, la Giordania e le monarchie del Golfo affinché forniscano più truppe e maggiore assistenza materiale nella lotta contro l'Isis", che sinora ha gravato eccessivamente sulle spalle degli Usa. In terzo luogo, l'amministrazione Trump "dovrebbe guardare con obiettività all'intervento russo" in Siria. Mosca, scrive Bolton, "è in Siria per aiutare i suoi alleati: il presidente siriano Bashar al Assad e il regime iraniano degli ayatollah. La Russia sta dalla parte sbagliata", ma "Obama ha voluto ignorare la realtà, ed ha voluto credere che Washington e Mosca condividessero l'obiettivo di agevolare un cambio di regime in Siria". L'amministrazione Trump, di contro, dovrebbe operare "con il chiaro obiettivo di respingere i progressi russi e iraniani" sul campo, "cominciando con l'Iran". Secondo Bolton, è prioritario per Washington impedire che Teheran consolidi "un arco di controllo dal proprio territorio attraverso il territorio iracheno controllato da Baghdad e la Siria di Assad, sino al Libano dominato da Hezbollah". Washington, prosegue l'autore dell'editoriale, deve impedire che l'Iran consegua questo obiettivo, che culminerebbe "in un conflitto tra una coalizione iraniana sciita e una sunnita guidata dall'Arabia Saudita". Washington s'inganna, avverte Bolton, se crede che Riad accetterà "un governo iracheno controllato dagli sciiti e uno siriano del regime alawita. Riportare i governi a Baghdad e Damasco ai loro vincoli post-Prima guerra mondiale sarebbe di per sé una garanzia di sostegno al terrorismo e futuri conflitti". Per quanto riguarda invece la Russia, l'obiettivo degli Usa dovrebbe essere quello di "ridimensionarne la rinnovata presenza e influenza nel Medio Oriente". Con tutte le polemiche sui presunti rapporti tra Trump e la Russia, scrive Bolton, "il vero presidente Usa succube di Mosca pare essere stato Obama", che ha consentito l'espansione dell'influenza russa nella regione a detrimento "degli interessi di Usa, Israele e dei nostri alleati arabi". Washington, conclude l'opinionista, "non dovrebbe perdersi in negoziati per la deconflittualizzazione o modeste modifiche alle norme di ingaggio", ma "riforgiare la coalizione a guida Usa per garantire gli interessi degli Stati Uniti abbiano la meglio dopo la sconfitta dell'Isis" su quelli di Russia e Iran.

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