Si scrive Balcani si legge Cina: e l'Italia che aspetta a sedersi al desco?


A Sofia il settimo meeting tra Pechino e i paesi dell'Europa orientale: qui il barometro delle nuove strategie in Ue


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
06/07/2018 alle ore 17:31

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Il barometro, quell'aggeggio usato per misurare la pressione atmosferica, può funzionare in due modi: a fluido o tramite la deformazione di una o più capsule metalliche. In entrambi i casi dà un segno di quello che sarà. 

Oggi a Sofia il settimo incontro dei leader tra la Cina e i paesi dell'Europa centrale e orientale offre una panoramica di ciò che la Cina sta facendo non solo nel Mediterraneo, ma sull'intero versante balcanico a 80 miglia nautiche dalle coste italiane. Con proprio l'Italia ad un bivio: inserirsi in questa macro partita o restare ancora una volta alla finestra in attesa delle briciole?

In Bulgaria si celebra una sorta di anticamera del ventesimo vertice Cina-Unione Europea, non fosse altro perché, lanciata nel 2012, la "cooperazione 16 + 1" (16 paesi dell'Europa Centro-orientale e la Cina) ha registrato una notevole crescita negli scambi bilaterali e negli investimenti.

Basti pensare che la Via della Seta, il grande progetto cinese che si sta già snodando in molti paesi euromediterranei, prevede sostenziosi investimenti in Croazia, Montenegro, Serbia e Albania. Come se il costone balcanico fosse la piattaforma ideale tramite cui Pechino può snodare la sua politica nel vecchio continente.

Per questo la Cina ha firmato accordi di cooperazione Belt and Road con tutti i 16 paesi dell'Europa centro-orientale con soggetti come Budapest-Belgrade Railways, China-Europe Land Sea Line, China-CEEC Investment Cooperation Fund e Inter-Bank Association.

Una mossa, quella cinese, che da un lato ha come principale tifosa la cancelliera Angela Merkel e dall'altro sta suscitando forti preoccupazioni circa la costante e crescente influenza della Cina nell'Ue, con un conseguente appiattimento di Bruxelles sempre più stretta tra le proprie deficienze strutturali e le sfide della modernità che non riesce a risolvere.

Nel mezzo c'è l'Italia che non ha ancora elaborato una strategia netta, diretta a più business e più mercato (anche made in Italy) che le consenta di smarcarsi dalle sabbie mobili di Bruxelles e andare oltre la logica del binomio programmatico “migranti-redditodicittadinanza”.

Il riferimento è all'utilizzazione della Cina come un fertile mercato per il know how italiano, alla nuova frontiera rappresentata dall'Iran che per Roma può essere un jolly e all'esigenza di costruire un rapporto con l'uomo nuovo del millennio: il rincipe ereditiero saudita Mbs, vero player di due continenti.

Ecco le sfide che attendono il governo. L'auspicio è che si sviluppino, da subito, una serie di policies che puntino ad un costrutto duraturo nel tempo, con un'attenzione spasmodica al nostro core business. Non si dimentichi che, ad esempio, in Libia ci sono crediti certificati delle aziende italiane per 3 miliardi di euro che non sono mai stati riscossi.

 

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