Perché non si ferma la crociata di Erdogan contro gli sportivi


Alla vigilia di elezioni non scontate come le precedenti, gli strali del Presidente dimostrano un'assoluta incertezza sul futuro della Turchia


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
21/06/2018 alle ore 12:04

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Nulla sarà come prima. E non solo perché ormai il vecchio continente ha lasciato il passo all'Asia, quanto a centralità politico-commerciale, ma perché il trittico Libia-Siria-Turchia è ancora imbullonato a leader di ieri e a scenari di domani. Che però si concretizzano già oggi.

Il caso di Ankara è intatto in tutta la sua evidenza. Non si ferma la crociata di Erdogan contro gli sportivi. Un mandato di arresto è stato spiccato per il padre di un giocatore di basket NBA Enes Kanter, dei New York Knicks, accusato di favorire il regime di Gulen, con la condanna a 15 anni di carcere.

Il presidente turco lo scorso anno aveva annullato il passaporto dello sportivo, bloccandolo di fatto a Bucarest dove aveva fatto scalo da Singapore. Poi era riuscito a sbrogliare la matassa grazie all'intervento dell'Associazione giocatori e del Dipartimento di Stato Usa. Kanter ha da tempo manifestato apertamente il proprio pensiero politico in merito alla gestione Erdogan, criticandone modi e strategie e iscrivendosi tra i sostenitori del suo grande rivale in esilio, Fetullah Gülen. E conquistandosi così la black list erdoganiana.

Kanter segue altri colleghi sportivi non allineati, come l'ex attaccante di Parma e Inter Hakan Sukur cassato con Arif Erdem dalla storia del suo club per via del suo appoggio a Gülen e ora è ricercato per il fallito golpe. Ma il caso più grave ha riguardato Deniz Naki, calciatore sfuggito a un attentato in Germania: mentre viaggiava di notte a bordo del suo suv sull'autostrada A4 è stato messo nel mirino da un cecchino, ma è riuscito a cambiare corsia non appena i primi colpi sono stati esplosi.

Nato a Düren in Germania ed ex giocatore del Sankt Pauli, oggi fa parte dell'associazione sportiva curda Amed Sportuf Faaliyetle e ha vestito la maglia della squadra curda Amed Sk: era stato condannato lo scorso anno da un giudice turco per propaganda filocurda a favore del Pkk.

Lo sport, dunque, come icona di profonda insicurezza da parte del Presidente-padrone Erdogan, che non è certo di vincere le elezioni con il consueto semi-plebiscito. Le intemperanze relative ai sali-scendi della lira turca non sono saltuarie, così come la foga con cui Erdogan ha intrapreso la strada della corsa agli armamenti, con un nuovo super drone made in Turkey che ha gà fatto i primi voli inaugurali e illegali nello spazio aereo ellenico.

Insomma, il despota Erdogan ha paura: di non essere stato all'altezza delle partite che contano in Siria e Egitto, di perdere il treno del gas della zona economica esclusiva di Cipro perché non ha alcun appiglio legislativo, perché non è poi così certo che l'asse con Mosca sia davvero duraturo. Anzi.

E quindi se la prende con il mondo intero. Alla faccia dei tanti tifosi italiani pro Turchia che affondano penne e neuroni nella più tragica demagogia.

 

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