Singapore e non Europa: perché Trump e Kim hanno scelto l'Asia


Mentre lo Stivale va ancora "in sella agli asini" nel resto del mondo è già domani, con le nuove dinamiche innescate


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
18/06/2018 alle ore 17:22

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Kim e Trump s'incontrano a Singapore. Cosa significa la scelta della location e cosa comporta nella consapevolezza comune circa il futuro dell'Ue

Mentre nello Stivale si va ancora “in sella agli asini”, con gli stucchevoli dibattiti su tav, tap e modernità nel resto del mondo è già domani, con le nuove dinamiche innescate dai due blocchi che stanno guidando il grande cambiamento epocale a cui stiamo assistendo (passivamente). Da tempo ormai è maturata la convinzione che è ad est che va individuata la nuova golden share mondiale, con la concentrazione di poteri che dall'Atlantico si è spostata nettamente in Asia.

Lì dove Alessandro Magno decise di avviare la più grande campagna socio-militare della storia, si sta snodando davvero il nuovo ordine mondiale. E l'incontro tra i due leader che si sono impegnati pochi giorni fa ad un accordo storico sul nucleare lo dimostra.

Le mire della Casa Bianca in chiave anti cinese, con la partita dai dazi che al momento è ancora dagli esiti assolutamente imprevedibili, fa il paio con l'accelerata proprio di Pechino che con la Via della Seta ha fatto scatto matto e riguarderà anche il Mediterraneo.

Negli Usa l'incontro Trump-Kim ha fatto storcere il naso al Summit CEO di Yale presso la New York Public Library, ospitato da Jeff Sonnenfeld. Mentre gli amministratori delegati presenti si sono detti molto soddisfatti dell'attuale trend economico americano, di contro hanno manifestato forti preoccupazioni circa il posizionamento geopolitico. In particolare, credono che gli Stati Uniti escano sconfitti dai negoziati con la Corea del Nord.

Un passaggio che si lega agli scenari proposti dai partecipanti alla conferenza tenuta da una nota banca d'investimento a Manhattan la scorsa settimana. E'stato chiesto loro di indicare il più grande rischio per l'economia globale e hanno risposto nell'ordine: Trump, guerra commerciale e protezionismo. Il dibattito, insomma, è molto ben avviato al di là dell'oceano, con sullo sfondo i numeri positivissimi che fanno capolino sui conti americani.

Il problema è che invece qui, nel cuore del vecchio continente, ci si occupa solo di altro dimenticando che i grandi curvoni della storia vanno preparati e poi affrontati, senza scorciatoie o sbandate pericolose che possono condurre a sfracellarsi. La partita dei gasdotti e quella relativa alla iper instabilità mediorientale devono essere una priorità per l'Ue, altrimenti proseguendo con la tesi della “morbida diplomazia del nulla” difficilmente si potranno portare a casa risultati incoraggianti.

E dal momento che segnali di ripresa “politica” non se ne vedono, ciò che potrebbe aspettarci dietro l'angolo è una ordinata e inesorabile ininfluenza che si tramuta in schiacciamento passivo.

Non solo senza idee e senza voce, ma finanche (a breve) senza casa. Da Cassandre? Forse. O forse no.

 

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