Il nuovo risiko 2.0 si gioca (con gli Usa protagonisti) tra le isole greche


Il Mediterraneo cambia faccia: pronte nuove basi nell'Egeo per "tenere d'occhio" Turchia e Medioriente. E l'Italia?


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
25/05/2018 alle ore 17:03

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Mykonos, Santorini, Paros e Creta con “vista portaerei”? Droni, caccia F35, portaerei, sommergibili e fregate: tutti mezzi americani che gironzolano fra le isole greche. Sta cambiando più di qualcosa nello scacchiere geopolitico del Mediterraneo, con la nuova strategia di Washington che, da analisi e paper, si fa operativa con mezzi e uomini sul posto.

Il primo drone Usa è decollato nei cieli greci, dopo che uno turco due mesi fa aveva sconfinato nello spazio aereo ellenico. Il motivo? Il Pentagono ha deciso di fare della Grecia il suo nuovo military-hub nel mare nostrum, sia per controllare i nuovi gasdotti che lì sorgeranno sia per tagliare definitivamente la placenta con Ankara.

Il nuovo ambasciatore Usa ad Atene, Geoffrey Pyatt, molto esperto di energia, viene dall'Ucraina, ovvero da un altro fronte caldissimo della politica estera di questi ultimi anni.

Segno che la Casa Bianca ha deciso di puntare forte su quel fazzoletto di territorio da dove i caccia Usa possono “annusare” la Siria, la Turchia, anche la Libia e con uno sguardo sempre pronto sul Medio Oriente.

Due giorni fa è giunta al porto di Corfù la Uss New York, fregata di nuova generazione costruita con alcuni residui delle torri gemelle abbattute nel 2001. Si solo tratta dell'ultima “visita” a stelle e strisce nell'Egeo, come dimostra l'ammodernamento di due poli che si rivelaranno assolutamente strategici per le dinamiche mediterrenee.

Il primo è a Creta, nella base di Souda Bay, già avamposto dei sottomarini e sede di un centro di formazione della Nato. Lì saranno presto ospitati altri sommergibili Usa che avranno il vantaggio di essere ad un passo da una zona cosiddetta rossa del mare nostrum: quella della zona economica esclusiva di Cipro dove ci sono svariati giacimenti di gas su cui sta lavorando anche l'Eni.

Lì si è consumato due mesi fa il braccio di ferro con la Turchia di Erdogan che avanza rivendicazioni su quella porzione di acque che nessun trattato le offre e che ha prodotto i due casi spinosi relativi alle minacce contro la nave Saipem dell'Eni e contro quella della Exxon Mobile.

Ma mentre la prima ha deciso per virare verso altre zone, gli Usa hanno inviato la sesta flotta per far cambiare idea ad Ankara. E l'abbandono americano dalla base turca di Incirlik ha solo sancito il passaggio definitivo dalla Turchia alla Grecia.

Il secondo è probabilmente nel porto di Salonicco, che potrà ospitare un logistic-hub grazie alle nuove ferrovie, da un anno privatizzate dalle Ferrovie italiane. Segno che i sommovimenti tellurici che stanno interessando il Mediterraneo porteranno grosse novità non solo nel capitolo delle alleanze ma soprattuto circa gli affari futuri.

Su cui l'Italia al momento non sta vigilando come dovrebbe, se è vero che persino l'Albania si è offerta come base di partenza per i mezzi Usa mentre a Roma si aspetta ancora di sapere chi andrà al ministero della Difesa.

 

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