Perché "siamo tutti Pietro Lambertini" può essere un mantra di rinascita


La telefonata minatoria del governatore-senatore è la cifra di questa politica, ma anche punto zero per poter restaurare


di Paolo Falliro
Categoria: ABRUZZO
21/05/2018 alle ore 09:46

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Dopo il Medioevo, finalmente il Rinascimento

Sì, occorre scomodare la storia per legare con un ago i fili di questa triste vicenda, che si somma alle mille altre dello stesso tenore. Il potere, spesso vuoto, autoreferenziale, sciatto e senza peso specifico, che proprio perché specchiandosi vede le proprie falle, si getta come un leone sull'agnello di turno.

La penna che verga editoriali, le corde vocali che fanno domande (ovviamente scomode, sennò che domande sarebbero?). La politica appiccicosa e gelatinosa, quella per intenderci che sguazza sui social anziché studiare i dossier, scivola ancora su una buccia di banana abruzzese.

Ma il caso del collega Pietro Lambertini, vessato al telefono subito dopo l’assoluzione dello stesso D’Alfonso nel processo di secondo grado denominato “Mare-Monti", può diventare un mantra di rinascita.

Perché segna il punto più basso di una condotta alla sudamericana maniera, dove la vita non vale granché figurarsi le professioni come la nostra. Perché è come il colpo di coda di un pachiderma che sta per stramazzare al suolo, sfiancato dalla propria impotenza, dal suo passo lento e senza meta, dalle sue paure figlie di una stazza che non lo porta da nessuna parte: se non a scontrarsi con se stesso.

Bene hanno fatto a siglare quella nota il comitato di redazione del quotidiano il Centro, il presidente dell'Ordine dei giornalisti d'Abruzzo, Stefano Pallotta, e il segretario del Sindacato giornalisti abruzzesi, Ezio Cerasi. Così si fa in un Paese civile. Perché i “tentativi di insinuazione personale e di intimidazione” vanno estirpati come si fa con la gramigna.

Al resto, poi, ci pensa il popolo sovrano: che guarda, osserva, pesa. E poi vota, auspicando il Rinascimento d'Abruzzo.

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