Tutti gli incubi che tolgono il sonno a Erdogan per le elezioni anticipate


Il Presidente turco, apparentemete sicuro e arrogante, teme gli agenti esterni e le sofferenze finanziarie del suo paese



Apparentemente sembra arrogante (in fondo lo è), molto sicuro di sé (perché ha messo in galera quasi tutti i nemici) e lungimirante (anche se i suoi conti non tornano).

In realtà il Presidente turco Erdogan ha paura delle elezioni anticipate del prossimo 24 giugno e non tanto per le percentuali in sé del suo partito, quanto per gli agenti esterni (politici, sociali e internazionali) che gli stanno letteralmente togliendo il sonno.

Dal novembre 2019 al giugno prossimo: perché Erdogan anticipa le urne? Ha due grossi scogli dinanzi alla strada che potrebbe condurlo, come il presidente cinese, al potere a vita. Uno si chiama curdi e l'altro pil.

La crociata turca contro i curdi, sfociata più volte in vera pulizia etnica così come fatto contro greci, ponti, smirnioti, ciprioti e armeni, altro non è che la plastica raffigurazione di Davide e Golia. Il grosso pachiderma, potente e massiccio, ha capito che una piccola pagliuzza potrebbe intralciare il suo cammino e tenta di stanarla con tutte le sue energie, anche con la scusante dell'azione anti terrorismo. Arresti, minacce, azioni di forza, commandos militari impegnati ad hoc.

L'economia si aggiunge alla contingenza: anche se molti indicatori non segnalano alcun tipo di problema, la Turchia sta procedendo con il piglio di chi continua a immettere nel sistema soldi di provenienza pubblica senza farsi due conti in tasca. Lavori pubblici, gli stessi che costarono lo scandalo corruzione a mezzo governo alcuni anni fa, bonus alle pmi, esposizione con le banche del golfo non più inclini a prestiti a fondo perduto.

E'come se il paese fosse seduto su una grossa bolla di sapone pronta ad esplodere, ma che nel frattempo gonfiandosi lo porta sempre più su. In questo interstizio si inserisce la partita sugli idrocarburi che Erdogan non vuole assolutamente perdere, pur non avendo alcun appiglio legislativo circa le rivendicazioni sulle acque del Mediterraneo orientale.

Ha capito che solo dal gas potrebbe attingere nuova linfa ed evitare così noie ai suoi conti che non sono proprio in ordine. E'la ragione per cui intanto si è preoccupato di fortificare il fronte interno, da qualche mese più solido grazie all'alleanza con Devlet Bahceli, leader del Movimento nazionalista (Mhp), partito di estrema destra all'opposizione in Turchia), ma ormai fermo sostenitore del governo, che ha stretto un'alleanza elettorale con il partito di Erdogan, Giustizia e sviluppo.

Quello esterno resta un punto interrogativo: oltre ai curdi ecco il predicatore turco-americano Fetullah Gulen a rendere irrequieto il Presidente nel suo palazzo da mille stanze. Ankara continua a chiederne a Washington l'estradizione, gli Usa però da quell'orecchio non ci sentono affatto. Anzi, dal momento che la terra in Turchia comincia a scottare davvero hanno deciso di spostare truppe, mezzi e strategie dalla base di Incrilik a quelle di nuova generazione in Grecia, da dove controllare non solo Ankara ma anche Siria e Mediterrano orientale (il quadrante dove c'è gas in abbondanza).

 

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