Libia e Siria, il doppio fronte di caos che scuote il Mediterraneo


L'Italia se sul caso siriano si "accoderà" come consuetudine, su quello libico invece deve farsi regista e non spettatrice


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
12/04/2018 alle ore 12:04

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Si sta pericolosamente avvitando verso un terreno altamente scivoloso il doppio fronte di caos e conflitti che investe la Siria e a questo punto anche probabilmente la Libia. Se al largo della base russa di Tartus portaerei americane, fregate e sommergibili inglesi sono a un passo dallo sferrare un attacco, ecco che in Libia c'è molta preoccupazione dopo l'annuncio che il Generale Haftar è stato colto da ictus e trasportato in gravi condizioni a Parigi.

L'uomo forte della Cirenaica, sostenuto da Mosca e Il Cairo, è stato capace sino ad oggi di debellare l'Isis e di compattare il territorio in antitesi al volto scelto dall'Onu per traghettare la Libia in acque sicure, Al Serraj, che però non si sta dimostrando particolarmente all'altezza della situazione.

L'interconnesisone tra Siria e Libia è evidente ormai da tempo. Quante volte nel recente passato si è osservato che in Libia sarebbe stato bene evitare lo “schema Siria”, con una divisione netta del territorio in aree di influenza, terreno di scontro per le superpotenze. Da un lato ecco il blocco “est”, composto da Russia, Turchia ed Egitto, con l'Iran che si appropinqua con decisione anche grazie all'accordo sul nucleare che fa tanto indispettire Israele.

A ovest la confusione di un'alleanza che fino ad ora ha proceduto un po'in ordine sparso, se è vero che Donald Trump in un solo anno ha già cambiato il Segretario di Stato e il capo della Cia, non certo due figure di secondo piano.

Appare evidente come, proprio adesso che le cose in Siria stanno prendendo una piega complessa e dall'esito assoltamente incerto, non ci volesse proprio questo altro fronte di crisi in Libia. La vacatio di Haftar porta in grembo tensione e incertezza, due elementi che mal si sposano con la volontà di giungere in Libia ad un processo che conduca alla normalizzazione istituzionale del paese.

L'Italia ancora una volta ha dinanzi a sé l'occasione per recitare un ruolo primario e non farsi nuovamente debole spettatrice. Il ministro dell'interno Minniti più volte ha incontrato Haftar, sia per analizzare il dossier legato alla geopolitica in chiave di un possibile governo di unità nazionale, sia per valutare con attenzione l'altro grande problema che dalla Libia investe l'Italia: la bomba sociale dell'immigrazione.

Mancare adesso all'appuntamento con il cambiamento che evidentemente si verificherà in Cirenaica significherebbe per Roma firmare la propria condanna non solo all'inconsistenza politica nel Mediterraneo ma ad una nuova invasione di flussi migratori che, proprio per l'assenza dell'uomo forte, potrebbe riprendere.

Certo che se Roma riuscisse a dire una parola anche sul caso siriano non ci sarebbe da vergognarsi, ma si tratta di un auspicio che purtroppo pare essere destinato a finire nel grande dimenticatoio dove affogano molte speranze del Belpaese.

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