Presidente-senatore, decide la Regione


Entro 30 giorni a partire dal 16 aprile, che è la data dell'insediamento delle Camere. A meno che non ci siano ricorsi. E il ricorso c'è


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
30/03/2018 alle ore 15:08

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Entro 30 giorni a partire dal 16 aprile, che è la data dell’insediamento delle Camere. A meno che non ci siano ricorsi. E il ricorso c’è, alla Regione è arrivato l’altro ieri pomeriggio a firma dei Cinquestelle. Tra trenta giorni. Il presidente del Consiglio regionale abruzzese Giuseppe Di Pangrazio ha informato mercoledì mattina i tecnici del servizio legislativo dell’ufficio di presidenza della richiesta di convocazione delle elezioni presentata dal gruppo Cinquestelle, e stabilito che decorso tale termine, convocherà la Giunta per il regolamento per decidere la sorte di Luciano D’Alfonso che non intende andarsene, non per ora, mantenendo il piede in due staffe. Invece proprio ieri il fido Camillo D’Alessandro, almeno lui, ha firmato le dimissioni.

Sono due le strade che si possono percorrere perché un presidente di Regione o un consigliere regionale eletti alla Camera o al Senato, possano (finalmente) dimettersi: quella del Senato o quella della Regione. Due percorsi differenti.

La Giunta delle elezioni del Senato, una volta insediata, se Dalfy non si sarà dimesso prima, chiederà al presidente-senatore di optare, o l’una o l’altra carica. Ma in questo caso non si tratterà, come tenta di fare intendere il governatore, di dimissioni. Le dimissioni, per lasciare libera la Regione di indire nuove elezioni, dovrebbe darle adesso. 

Oppure la Regione, che si riunirà appunto tra un mese, visto che i pentastellati hanno sollevato la questione di incompatibilità.

Poi c’è il nodo elezioni.  Quando si tornerà a votare in Abruzzo? Dalla data di decadenza del governatore, le elezioni devono tenersi secondo Statuto entro massimo 90 più 35 giorni, per la presentazione delle liste e la campagna elettorale.

La legge elettorale e il regolamento approvati successivamente, lasciano ambiguamente intendere che le elezioni si devono tenere a partire da 125 giorni. Ma sembra a questo punto prevalente la norma statutaria, anche se qualcuno preme per una modifica della legge elettorale, anche per introdurre la preferenza di genere. La data in ogni caso viene fissata dalla conferenza di presidente del Consiglio e Corte d’Appello entro il termine dei 90 più 35 giorni.

Ma lui, Dalfy fa orecchie da mercante. E ossessivamente cita l’esempio della giunta precedente guidata da Gianni Chiodi e dal centrodestra, che approvò una norma che prorogò di sei mesi le elezioni. In quel caso la legislatura durò 5 anni e mezzo anziché cinque, con la scusa di far risparmiare soldi ai cittadini e di far coincidere la data del voto regionale con quello delle politiche. Norma che chiaramente non è più valida, e c’è da aggiungere che fu sicuramente una forzatura, non certo dettata da nobili propositi, ma in quel caso Chiodi almeno non era stato eletto senatore, e quindi non era a mezzo servizio.

Insomma, un braccio di ferro. Dalfy tenta di prolungare il più possibile la sua permanenza alla Regione. Così orgoglioso di questo nuovo incarico che non ha resistito all’idea di farsi una foto col più piccolo dei suoi figli, Francesco Cetteo,che si è portato a Roma al Senato con tanto di cravatta rossa.

Resistere, resistere, resistere. Sopratutto perché nei prossimi giorni sarà più chiara anche la durata del governo. Se si dovesse tornare a votare alle Politiche in breve tempo, la sua ri-candidatura sarebbe a rischio: in questo caso non ci sarebbe più Renzi a proteggerlo. E così, tenendo il piede in due staffe, e nel caso se la vedesse proprio brutta, potrebbe paradossalmente scegliere di restare alla Regione. E magari anche di ricandidarsi.


ps: a questo punto viene da chiedersi quanto contino i cittadini e gli elettori? Nulla, e questa storia lo dimostra. Contano le poltrone, of course.