E' tornata la guerra fredda? Nel Mediterraneo scene da Top gun, ma non è un film


Mentre la nave dell'Eni è stata costretta alla fuga, quella americana resta a cercare gas perché scortata dalla sesta flotta


di Francesco De Palo
Categoria: Francesco De Palo
29/03/2018 alle ore 08:21

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C'è traffico nei cieli del Mediterraneo orientale con almeno dieci navi da guerra, per lo più americane e russe, che pattugliano acque e paralleli ma con il rischio di frizioni che aumenta esponenzialmente ogni giorno.

Certo, c'è la partita in Siria da seguire con attenzione accanto al dossier idrocarburi, con la nave americana Exxon che al contrario di quella dell'Eni resta nel blocco 10 perché protetta dalla sesta flotta Usa, ma erano anni che non si vedeva una concentrazione di caccia del genere nel Mare Nostrum, con decolli e atterraggi praticamente a getto continuo.

Una decina fra Su-33 e MiG -29K stanno decollando da una portaerei russa, presente nella parte orientale di Cipro. Allo stesso tempo, altrettanti F18 decollano da una portaerei americana all'ancora a sud di Cipro ma che ora si è spostata a est. Significa che almeno 20 aerei da guerra di due schieramenti contrapposti e in continua tensione si sfiorano ogni giorno, facendo tornare alla mente gli anni della guerra fredda, quando Mig e Tomcat si sfidavano in epiche battaglie (anche al cinema).

Allo stesso tempo stanno montando anche le preoccupazioni, militari e politiche, di quei paesi che si affacciano sul versante orientale del Mediterraneo come Israele, Egitto, Libano, Grecia. Due giorni fa il ministero della difesa di Mosca ha diffuso un video che mostra numerosi atterraggi e decolli di caccia ed elicotteri dalla portaerei "Kousnetsof" che si trova nelle zona a est di Nicosia per monitorare l'evoluzione del caso siriano. Come dire che una scintilla che potrebbe causare un incendio è molto probabile, non fosse altro che per l'elevato numero di mezzi simultaneamente in volo.

Secondo Washington la situazione nel fazzoletto di terra siriana bonificato dall'Isis si sta complicando ulteriormente proprio in virtù dei pochi spazi di manovra: ovvero molti mezzi devono controllare una porzione più ristretta di territorio, con il rischio di contatti che da casuali potrebbero farsi contingenti e quindi con implicazioni di natura militare che al momento non servono ad un quadrante già di per sé delicato e sensibile.

Ma non c'è solo Afrin e la crociata della Turchia contro i curdi ad alimentare uno stato di tensione permanente. La seconda nave noleggiata dall'americana Exxon per effettuare rilievi nel blocco 10 della zona economica esclusiva di Cipro è giunta in acque cipriote. Significa che le minacce di Ankara, respinta con forza dalla sesta flotta Usa che ha accompagnao la nave del colosso statunitense, non hanno avuto il medesimo effetto patito dalla nave dell'Eni, che 40 giorni fa è stata costretta ad abbandonare quel segmento marino dopo le minacce di speronamento da parte di due fregate turche.

Con lo scherno finanche della stampa cipriota che lasciava intendere come l'unica nave da guerra della Marina Militare italiana al seguito della Saipem avesse deciso di virare sul Libano perché “aveva carburate da spendere per fare passeggiate”. Ecco la sostanziale differenza culturale e di approccio agli interessi nazionali.

Qui il protezionismo non c'entra affatto: solo la pochezza politica di chi ha deciso che un'eccellenza come l'Eni vada messa alla berlina del primo dittatore di turno senza alzare un dito uno.

 

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