Se l'abito non fa il monaco, l'etichetta fa il vino? Forse si (ma non sempre)


Il vino è Vallevò, Costa dei Trabocchi, Montepulciano d'Abruzzo Doc, Riserva. La produzione è di Cantina Frentana


di Samuela Palatini
Categoria: Avvinato
09/02/2018 alle ore 19:26

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Se l'abito non fa il monaco, l'etichetta fa il vino? Forse si (ma non sempre).

Per questa ragione mi è stata regalata una bottiglia che ha sull'etichetta il disegno di un Trabocco, immagine che evoca in me un sentimento di affezione e muove ricordi di bagni, passeggiate assolate e certamente, racconta di uno dei tanti angoli di bellezza conservati in Abruzzo. I trabocchi, la cui architettura e storia è già stata raccontata anche nella rubrica “Incolta” (vedi articolo), sebbene tipici solo della parte meridionale della costa abruzzese, sono per la loro suggestiva immagine, cartolina della regione.

Ma questo non basta. Non basta, almeno in questo caso.

Il vino, che si presenta di un bel rosso rubino intenso, ha una buona consistenza. Al naso è piacevole con le classiche note di frutta rossa matura e di ciliegia nello specifico, senza però particolari picchi di profumo, nonostante la vivacità del vitigno Montepulciano. Dopo qualche minuto di ossigenazione si avverte un leggero sentore di vaniglia e di tabacco, testimonianza del passaggio in in legno per questa Riserva 2013. Il gusto è nel complesso piacevole, con un'alcolicità equilibrata e accompagnata da una buona morbidezza, i tannini sono levigati al punto giusto. L'equilibrio è certamente innegabile, così come la volontà di cercare una svolta elegante e fine ma, e non lo dico a cuor leggero, manca secondo me di personalità.

Il vino è Vallevò, Costa dei Trabocchi, Montepulciano d'Abruzzo Doc, Riserva. La produzione è di Cantina Frentana, di Rocca San Giovanni (CH), è tra le cantine sociali con la storia più lunga in regione, abbraccia un vasto territorio che va dalla Majella alla costa Adriatica, è da tempo attiva in un lavoro di valorizzazione dei vitigni autoctoni, distinguendosi anche per l'impegno alla sostenibilità ambientale.

Ho sempre un profondo rispetto per il lavoro, ancor più per quello della terra. Stavolta avevo tarato le aspettative su un livello nettamente superiore. Cercavo in un bicchiere un impeto, la forza di un'onda che s'infrange sui trabocchi, e cercavo tutta la resistenza di chi vi si contrappone.

Non l'ho trovata.

Non posso dire di non aver trovato giuste risposte, posso però dire di essermi trovata di fronte ad un “bello che non balla”. Per lo meno, non con me.

Sono molte le condizioni che influenzano un vino, ancor di più quelle che determinano un assaggio, e chi ha una minima dimestichezza con queste vicissitudini, sa quanto il punto della perfezione sia un obiettivo fuggevole, non è quindi da un primo incontro che si può compromettere una relazione. Quando si assaggia per curiosità come faccio io, lo si fa inconsciamente con delle aspettative e questo sottopone al rischio di non trovare un'adeguata risposta.

Tuttavia questa volta non credo che sia importante.

Credo sia invece più importante mantenere intatta la curiosità, la capacità di concedere ancora nuove opportunità, un contrappello... insomma...

Che non sia mai possibile trovare uno swing o un ritmo giusto e ballare stavolta anche con “il bello?”

 

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