Romandini, che impresa: doppia contestazione disciplinare


Dovrà rispondere davanti al Csm di due accuse pesanti: comincia il 2 marzo il processo


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
09/02/2018 alle ore 11:00

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Dovrà rispondere davanti al Csm di due accuse pesanti: comincia il 2 marzo il processo per il giudice Camillo Romandini, ex giudice di Chieti e ora in Corte d’appello a Roma. Per lui una doppia contestazione disciplinare: è accusato “gravi scorrettezze nei confronti di altri magistrati” per il processo sui veleni di Bussi e di “incompatibilità con la funzione giudiziaria” per essere stato titolare di un’azienda agricola, racconta Il Fatto quotidiano.

Romandini era presidente del collegio che a dicembre del 2014 ha assolto 19 imputati Montedison dall’accusa di avvelenamento delle acque e non ha riconosciuto il dolo. Pertanto il reato di disastro ambientale fu derubricato in disastro colposo e finì dritto in prescrizione. Sentenza poi ribaltata dalla Corte d’Assise d’Appello dell’Aquila che ha condannato 10 imputati fra ex dirigenti e tecnici della Montedison.

Un’inchiesta, scaturita da un reportage del Fatto, che aveva raccolto le testimonianze di alcuni giudici popolari dietro garanzia di anonimato, che raccontarono di pressioni di Romandini durante  una cena prima del verdetto,  era stata archiviata dal pm di Campobasso.
L’inchiesta sulla società agricola di Romandini è invece scattata dopo che la Guardia di Finanza di Pescara ha accertato 46.000 € di contributi concessi al giudice dalla Regione Abruzzo.

“In un recente passato – scrive la Guardia di Finanza –Romandini e’ stato titolare dell’omonima impresa individuale agricola poi cessata a giugno 2015 e che dal 2004 al 2015 ha avuto aiuti pubblici per 46.000 €”. Per le fiamme gialle è una indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato. Ma soprattutto a livello disciplinare è chiaro che un giudice non può essere titolare di impresa”.

Su questo aspetto mesi fa era stato il parlamentare 5 stelle Gianluca Castaldi a presentare un’interrogazione al ministro della Giustizia, in cui si sosteneva che

“il dottor Camillo Romandini sarebbe titolare di una ditta individuale, con codice ATECO 01­13­5 “Colture miste viticole, olivicole, frutticole”, che ha ricevuto fino al 2015 contributi statali attraverso il sistema AGEA (Agenzia per le erogazioni in agricoltura), istituito con decreto legislativo n. 165 del 1999 per lo svolgimento delle funzioni di organismo di coordinamento e di organismo pagatore”.

Ma soprattutto, sottolineava Castaldi nella sua interrogazione,

“il Consiglio superiore della magistratura nella delibera del 2 maggio 2007, su specifico quesito riguardante la possibilità per un giudice di essere titolare di società unipersonale nel settore dell’agricoltura, ha chiarito in maniera inequivocabile che una tale situazione comunque rientra tra le previsioni dell’articolo 16 dell’ordinamento giudiziario in cui si fa divieto per i giudici di “esercitare industrie e commerci”. Non solo: “l’esercizio della ditta individuale non sarebbe stato possibile, non potendo avere il giudice Camillo Romandiniuna posizione contributiva e, di conseguenza, percepire contributi”.

C’è n’è abbastanza. Il 2 marzo si saprà cosa deciderà il Csm.

Ps: e in tutta questa incredibile vicenda, l’anomalia più grande sul caso Bussi è che la Regione a distanza di un anno dal processo d’Appello non ha ancora chiesto la provvisionale che Edison deve versare, circa 500 mila euro.

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