Nella Cattedrale di Teramo per un argenteo capolavoro: l'Antependium di Nicola da Guardiagrele


Un capolavoro di perizia stilistica e tecnica fatto di un'anima lignea sulla quale si posano lamine d'argento parzialmente dorate


di Valentina Coccia
Categoria: Incolta
07/02/2018 alle ore 10:39



1433 – Una data impressa a niello sulla prima formella del registro superiore segna l’inizio del colossale lavoro che il grande orafo e scultore abruzzese Nicola da Guardiagrele (1385 – 1462 circa) intraprese per la realizzazione del meraviglioso Antependium destinato all’altare maggiore della Cattedrale di San Bernardo, a Teramo. Un impegno lungo, faticoso, maniacale, portato avanti da artista e bottega (palese è infatti l’intervento di diverse mani, con risultati qualitativi diversi) per ben 15 anni, fino al 1448, anno della prima formella del quarto registro.

Un capolavoro di perizia stilistica e tecnica fatto di un’anima lignea sulla quale si posano lamine d’argento parzialmente dorate, un argento magistralmente sbalzato, cesellato, inciso, puntinato su cui spiccano i preziosi smalti - dallo champlevé, al traslucido, al filigranato - realizzato su commissione di Giosia d'Acquaviva, feudatario della regina di Napoli Giovanna I, allo scopo di rimpiazzare un altro paliotto d'argento rubato nel 1416 nel corso dei disordini che seguirono l'ascesa al trono della regina Giovanna II d'Angiò alla morte del fratello Ladislao I.

Su quattro file sovrapposte di nove formelle ciascuna, si snoda l’articolata narrazione di un ciclo di carattere cristologico, sviluppato in trentacinque scene ed intervallato dalle due grandi formelle centrali poste nelle due file intermedie, riunite in un unico riquadro verticale per dare spazio e risalto alla figura del Redentore benedicente in trono. Le scene della vita e della passione di Cristo lasciano spazio, in una sola formella, l’ultima in basso a destra, a San Francesco che, mostrando le stimmate, va a configurarsi quale esempio di “secondo Cristo”, in perfetta armonia con il resto della figurazione, così come quel corollario di figure - S. Giovanni, la Vergine col Bambino, Cristo con l'orbe terrestre, S. Paolo, S. Pietro, nove Apostoli e otto profeti – poste nelle piccole losanghe in smalto, negli spazi di risulta; il tutto, suggellato da una preziosa decorazione floreale in smalto champlevé che sboccia morbida e sinuosa lungo la cornice esterna.

Se già nella realizzazione della croce di Guardiagrele (1431), Nicola rivelò una certa conoscenza dell’opera di Lorenzo Ghiberti, in questo paliotto l’eventualità di un contatto diretto con l’artista e con la sua produzione mediante un viaggio studio in Toscana, non è più ipotesi ma tangibile verità, verificabile in quella stretta dipendenza iconografica delle formelle teramane da quelle della celebre porta nord del Battistero di Firenze. In taluni casi difatti (vedesi specialmente i riquadri con evangelisti e dottori della chiesa, così come diversi brani cristologici) l’orafo e scultore guardiense replica il modello fiorentino con una puntualità tale da far pensare ad uno studio effettuato direttamente sul primo mediante disegni e calchi.

L’opera, di un livello qualitativo altissimo, è uno dei più alti prodotti usciti dalla bottega di Nicola da Guardiagrele, gloria artistica incontrastata della prima metà del Quattrocento in Abruzzo, erede della nobile tradizione orafa regionale, ed in particolare della scuola di Sulmona, ma capace di aprirsi alle innovazioni dei più grandi artisti del secolo (si veda il periodo fiorentino e l’assimilazione del ghibertinismo), per poi rielaborare il tutto in un linguaggio assolutamente personale, quello della maturità, fatto di arcaismi e singolarità iconografiche, di modelli tradizionali rivisitati in un nuovo pathos fatto di espressività di volti e dinamismo di corpi e panneggi.

L’Antependium si qualifica quale vero e proprio capolavoro dell’arte abruzzese, in un secolo che vide, in questo territorio, una penetrazione lenta e graduale del Rinascimento: il fresco linguaggio e le nuove forme espressive furono progressivamente assimilate a livello locale e coesistettero e si amalgamarono con i residuali stilemi medievali, dando vita ad una stagione singolare, variegata ed indubbiamente densa di fermenti.

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