Da zio Remo a zio Dalfy


Il nuovo Superman


di Lilli Mandara
Categoria: Maperò
31/01/2018 alle ore 09:44

Tag correlati: #abruzzo#dalessandro#dalfonso#elezioni2018#m5s#pd#regione

Va perché ci guadagna l’Abruzzo, perché dopo Remo Gaspari il nulla, e allora grazie a lui l’Abruzzo tornerà al governo della repubblica dopo 25 anni. E’ illuminante la conferenza stampa convocata ieri mattina dal presidentissimo Luciano D’Alfonso, perché racconta di quali granitiche certezze sia pervaso: innanzitutto che il centrosinistra vincerà le elezioni (altrimenti non si spiega la sicurezza di diventare ministro) e poi di ottenere l’incarico, comunque andranno le elezioni, e infine di passare indenne attraverso l’uso disinvolto delle istituzioni e dei mezzi pubblici.

Sul governo delle larghe intese, lui ci mette la firma: “Per l’Abruzzo farei anche patti col diavolo”. Insomma, dopo Gaspari il nulla: e vaglielo a raccontare che si è scordato di Sospiri, Legnini, Del Turco, e della stessa Chiavaroli (ma forse qui tutti i torti non ce li aveva).
Da mesi Dalfy è in campagna elettorale, da mesi le città sono tappezzate di manifesti 6 per 3 targati “La Regione dice la Regione fa”, da anni inaugura rotatorie e taglia nastri e fa riunioni per finanziare le palestre delle scuole, la cui competenza è in capo alle Province. Lo ammette lui stesso:

“Ho percorso 190 chilometri l’anno e in campagna elettorale è importante macinare chilometri: conosco tutta la regione, andrò a Fraine e a Castiglione nei prossimi giorni, è la settima volta”.

Una confessione in piena regola. Ma no, che andiamo a pensare: Dalfy è un superman, d’altronde lui dal 1995 lavora 16 ore al giorno, dice, quindi che sarà mai un po’ di campagna elettorale, nessuno se ne accorgerà dentro la Regione.
E così andrà in giro in auto blu, e fa la conferenza stampa dalla sala blu della Regione e quindi con i soldi dei cittadini: un abuso. Ma quale abuso, ribatte, lui si candida dall’alto della sua carica, lui si candida, udite udite, come “ente regionale”, e per questo tiene la conferenza stampa nel palazzo della Regione, che andate a pensare eh. E così si spiega tutto, secondo lui: i manifesti a spese nostre, i tagli di nastri a spese nostre, l’auto blu e la sala blu.

E poi autocelebrazione a gogo: se non glielo dice nessuno, se lo dice da solo che lui, anzi la sua esperienza politica non è replicabile, dice così, replicabile.

“Non è replicabile la quantità e la qualità di esperienze che ho fatto io: presidente della Provincia a 29 anni, il più giovane d’Italia, consigliere regionale, sindaco per due volte, presidente della Regione doppiano i miei avversari”. E via messancatando.

Veri, rissa Camillo-Marchegiano

Nessun cenno alle candidature, alle polemiche, alla squadra debole, alle minacce di disimpegno per essere ottimisti: va tutto bene madama la marchesa. E invece le risse continuano. Ieri su Facebook è andata in onda la più bella: tra il fedelissimo di Dalfy Camillo D’Alessandro e Giorgio Marchegiano, membro della direzione nazionale dei giovani democratici e fondatore del movimento civico “Ortona cambia”. La rissa prende spunto dalla candidatura coi Cinquestelle, poi ritirata, dell’ammiraglio Rinaldo Veri, candidato sindaco in quota Pd imposto da D’Alessandro a Ortona nel 2017.

“Nei mesi che precedettero le elezioni comunali di Ortona ci furono continue ed estenuanti pressioni affinché ritirassi la mia candidatura a Sindaco e convergessi su quella di Rinaldo Veri – scrive Marchegiano –
Alcuni esperti di politica provarono a spiegare al nostro gruppo che la mia candidatura avrebbe ostacolato la vittoria di un esempio di rettitudine, coerenza e fermezza. I principali architetti di questa candidatura, almeno due, sono ad un passo dal diventare parlamentari: l’augurio, per il bene dell’Abruzzo, è che questa nuova veste accresca il loro patrimonio di lucidità e lungimiranza.”.

Il riferimento a D’Alessandro e alla sua ex segretaria Cristiana Canosa è chiarissimo.
A stretto giro gli risponde il buon Camillo e poi, nei commenti, volano gli stracci: Marchegiano si è tirato indietro, altrimenti il candidato sindaco sarebbe stato lui e non Veri, gli fa il candidato al Parlamento.
E Marchegiano conferma, ma nel confermare emerge una storia di pressioni e di poltrone:

“Confermo, come ho sempre fatto, di aver ricevuto da voi un anno prima del voto l’invito ad essere il candidato Sindaco. Come tutti sanno, non ho mai accettato ma al contrario ho preso tempo perché volevo confrontarmi col mio gruppo e possono confermarlo proprio i testimoni di cui tanto parli. La rottura definitiva e la separazione delle strade avvenne prima della mia candidatura quando non accolsi l’invito di indicare come eventuale Vice Sindaco una persona a te molto vicina”

Insomma, una poltrona da vice sindaco per una persona vicina al buon Camillo(facile indovinare per chi) che il giovane Marchegiano si rifiuta di concedere. E va avanti così per tutto il pomeriggio: grazie alla gaffe dei Cinquestelle si scoprono altri altarini Pd.

Tenzone teramana

Insomma l’aria che tira dentro il Pd è tesissima. A Teramo promettono fuoco e fiamme e ieri si è tenuto un altro siparietto. Non solo per l’esclusione del parlamentare uscente Tommaso Ginoble, sul cui nome si era espressa la segreteria provinciale, ma proprio perché all’ultimo momento è stata fatta fuori Anna Marcozzi, fedelissima di Ginoble e al suo posto è stata messa Manola Di Pasquale, persona di fiducia del presidente di Regione. La Di Pasquale ha messo in giro la storia che lei si sarebbe candidata in seguito al rifiuto della Marcozzi che però sempre ieri ha scritto chiaro e tondo di non aver chiesto candidature:

“Ho dato una generica e doverosa disponibilità. E, soprattutto, non ho rifiutato una candidatura di servizio, semplicemente perché non mi è stata chiesta”.

Sta di fatto che la Marcozzi è odiata per le sue posizioni sulla sanità (voleva chiudere il punto nascita di Atri) soprattutto dai consiglieri regionali teramani, Luciano Monticelli in testa. Chiaro che le abbiano preferito la molto più addomesticabile Manola.

Razzi in gonnella nei 5stelle

E a quanto pare, i Cinquestelle in Abruzzo sono finiti nell’occhio del ciclone (e delle polemiche): va in giro un video virale che attribuisce al movimento di Grillo un nuovo Razzi ma in gonnella. Di fatto è una candidata abruzzese di Vasto, Carmela Grippa (che potete ammirare in questo video) che parla un italiano amministrativo e al microfono di un giornalista si lascia scappare un “jobacta”. Una delle candidate selezionate dal famoso staff abruzzese, a danno di tanti esclusi anche eccellenti.

GALLERIA FOTOGRAFICA


  • Da zio Remo a zio Dalfy
  • Da zio Remo a zio Dalfy
  • Da zio Remo a zio Dalfy